martedì 7 giugno 2016

Purezza: riverenza verso il mistero
Mons. Fulton Sheen, venerabile della Chiesa Cattolica, dottorato in Filosofia e dottorato in Teologia, risponde a due comuni obiezioni sul perché della purezza 

 


Le due parole di cui oggigiorno più si abusa sono «libertà» e «sesso». La libertà è spesso adoperata a indicare l’assenza di ogni legge, e il sesso a giustificare la mancanza di ogni controllo. Talvolta le due parole si fondono in una sola: «licenza». La ragione, che si dovrebbe impiegare a giustificare la legge di Dio, è invece invocata per legittimare la sfrenatezza e la carnalità degli esseri umani con due argomenti assai spuri. Il primo è che ogni persona deve «esprimere se stessa», che la purezza è autonegazione, e come tale è distruttrice della personalità e della libertà. Il secondo è che la natura ha dato a ciascuno certi impulsi e istinti, principale tra questi l’impulso del sesso, e che quindi si dovrebbero seguire questi impulsi senza i «tabù» che vengono imposti dalla religione e dal costume. […]

La purezza si esprime come l’impurità, sebbene in maniera diversa. Una locomotiva può esprimersi in due modi: o mantenendo la pressione entro i limiti imposti dal costruttore e dal tecnico, oppure scoppiando e uscendo dalle rotaie. La prima auto espressione è la perfezione della locomotiva; la seconda è la sua distruzione. Analogamente, una persona può esprimere se stessa tanto obbedendo alle leggi della propria natura quanto ribellandosi ad esse: tale ribellione finisce nella schiavitù e nella frustrazione. Supponiamo che quest’argomento dell’autoespressione, così com’è usato a giustificazione della licenza carnale, dovesse essere adoperato in guerra. In tal caso un soldato al fonte che, sentendo scoppiare le bombe, gettasse il fucile e scappasse nelle retrovie, dovrebbe essere salutato da un capitano moderno e comprensivo con queste parole: «Vi elogio per aver superato i vostri scrupoli morali e le convenzioni dell’età vittoriana. Peccato che il resto dell’esercito non abbia allo stesso grado il senso dell’autoespressione, sicché vince la paura e seguita a combattere. Vi proporrò per una medaglia al valore per la vostra affermazione di personalità». 

Non c’è da discutere con quelli che dicono: «Sii te stesso». Ma la questione è: «Qual è il tuo vero te stesso? Vuoi essere una bestia, o vuoi essere un figlio di Dio?». Quelli che riescono a superare la malvagità e la licenza dicono: «Grazie a Dio sono ritornato me stesso». Questa è la vera autoespressione. 

È vero che Dio ci diede una natura dotata di certi istinti, ed è anche vero ch’Egli si aspetta da noi che ci uniformiamo alla natura. Ma questa nostra natura non è animale, bensì razionale, e poiché è razionale i nostri impulsi devono essere usati razionalmente ,ossia per i fini più alti, e non per i più bassi. Molti, come la volpe, hanno l’istinto del cacciatore, ma un uomo non dovrebbe andare a caccia di suocere. Ognuno ha l’istinto del mangiare, ma nessuno dovrebbe nutrirsi di acido solforico. E come sono usati secondo ragione questi nostri istinti fondamentali, così dovrebbero essere usati i nostri impulsi di vita. Come il sudiciume è una sostanza che si trova dove non dovrebb’essere, così la lussuria è energia fisica fuori luogo.

Tratto da Tre per sposarsi del Venerabile Mons. Fulton Sheen

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