mercoledì 9 marzo 2016

Scetticismo universale: una critica...scettica

da www.catholic.com

Più o meno un anno fa, dopo aver fatto una conferenza su Dio e la scienza, un signore mi espresse un suo dubbio sul principio di non-contraddizione.
Il principio di non-contraddizione è un primo principio evidente di ragione su cui si fonda tutta la conoscenza. Afferma che qualcosa non può essere e non-essere allo stesso tempo e nello stesso luogo. Aristotele definì questo principio come “il più sicuro di tutti i principi” (Metafisica IV.3).
Il dubbio di questo signore è un esempio di una forma radicale di scetticismo che tende a dubitare di ogni cosa, persino dei principi primi di conoscenza – è detto scetticismo universale. C’è un modo per rifiutare questo scetticismo radicale? Eccone diversi.

Incoerenza autoreferenziale

Prima di tutto, l’affermazione “dubito di ogni cosa” è una incoerenza autoreferenziale: cioè si confuta da sola. Se uno scettico dubita di tutto, allora deve dubitare anche dell’affermazione “dubito di tutto”, il che è equivalente a dire, “dubito di dubitare di tutto”. E questo è assurdo. Se uno scettico dubita della propria affermazione “dubito di tutto”, allora perché ha persino proposto questo argomento?
Se lo scettico risponde che lui è certo di dubitare di ogni cosa, allora ci sarebbe una cosa di cui non dubita – e cioè, del fatto che dubita di tutto. Di conseguenza, non sarebbe vero che dubita di tutto.
Forse lo scettico potrebbe rifarsi alla sua posizione iniziale e rifiutarsi di dichiarare definitivamente il suo scetticismo universale. Oltre ad avere a che fare col dilemma di essere scettico riguardo il suo scetticismo, non può evitare di essere certo di qualcosa – cioè, “non dovrei affermare il mio scetticismo universale”.

 

Nessun argomento è permesso

Secondo, se uno scettico prova a giustificare la sua affermazione con degli argomenti, allora tutti i fatti e principi che costituiscono le sue prove verrebbero in tal modo dichiarati invalidi, dal momento che implicano delle certezze umane. Non conta il modo in cui uno scettico si approccia alla sua affermazione, che ne dubiti o la affermi, finisce in un’auto-contraddizione.

 

L’assurdità del negare i principi primi di conoscenza

Un terzo modo per confutare lo scetticismo radicale è di mostrare l’assurdità del negare i principi primi della conoscenza. Se uno scettico dubita di ogni cosa, allora necessariamente dubita anche dei principi primi della conoscenza, come il principio di non-contraddizione. Così facendo, uno scettico nega alla conoscenza ogni sorta di fondamento. Ma questo non funziona.
Immagina di provare a ottenere una conoscenza senza un principio che non richieda ulteriore dimostrazione, ovvero un principio evidente. Ogni conclusione proposta richiederebbe una infinita serie di dimostrazioni del perché quella motivazione è vera. Ad esempio, l’affermazione di uno scettico “non ci sono principi primi evidenti di conoscenza” è vera solo se A è vero. Ma A è vero solo se B è vero e B lo è solo se C è vero, all’infinito.
Nota che la ricerca di una vera premessa sulla quale poggiare la conclusione, non giungerebbe mai ad una fine. Non importa dove ci si ferma nella serie di motivazioni, si avrebbe sempre una motivazione che non può essere dimostrata perché si poggia su un numero infinito di altre motivazioni che non possiamo sapere se sono vere.
Ma se non possiamo giungere ad affermare che sia vera alcuna motivazione dalla quale dipende la conclusione, allora non possiamo affermare che sia vera neanche la conclusione “Non ci sono principi evidenti di conoscenza”. Questo è qualcosa che lo scettico non vuole concludere, perché minerebbe il suo scetticismo sui principi primi. Dunque, uno scettico non può negare la necessità della conoscenza di avere come fondamento i principi primi, senza minare il proprio scetticismo.

 

Difesa del principio di non-contraddizione

Quarto, possiamo mostrare l’assurdità della negazione dello stesso principio di non-contraddizione. Uno scettico non può negare il principio di non-contraddizione senza che il suo discorso lo tradisca immediatamente. Può parlare contro il principio solo se le sue parole hanno il significato inteso e non il significato opposto. Ad esempio, se lo scettico dice, “Il principio di non-contraddizione è falso”, lui deve intendere questa affermazione nel suo significato reale e non nel suo significato opposto, cioè “Il principio di non-contraddizione è vero”.
Se uno scettico afferma l’opposto - “Il principio di non-contraddizione è vero” - allora affermerebbe ciò che ha deciso di negare. Ma se uno scettico ha intenzione di voler dire ciò che la sua affermazione iniziale esprime, allora sta presupponendo il principio di non-contraddizione e dunque, ancora una volta, mina il suo iniziale tentativo di negare il principio.
Quindi, la negazione del principio di non-contraddizione, finisce per auto-confutarsi.
Forse uno scettico potrebbe decidere di non parlare. Lo salverebbe dal suo dilemma? La risposta è no, perché persino comprendere ciò che è indicato dal principio presuppone la sua verità. Il contenuto conoscitivo deve avere il significato inteso e non l’opposto.

 

Il dubbio presuppone certezze

Un ultimo modo per confutare lo scetticismo radicale viene dal sacerdote gesuita, T.V. Fleming. Nel suo libro Fondamenti di Filosofia, argomenta che ci sono alcune certezze presupposte nell’affermazione “dubito di ogni cosa”. Considera che, per fare questa affermazione, uno scettico deve sapere ciò che è il dubbio. Inoltre, la sua affermazione implica che lui sappia che il dubbio differisca dalla conoscenza, il che necessariamente implica che lui sappia cosa sia la conoscenza. In base a quanto è stato detto precedentemente riguardo il principio di non-contraddizione, uno scettico deve anche sapere il significato della proposizione di cui vuole dubitare e la ragione del suo dubbio.
Inoltre, se uno scettico sospende il giudizio su una affermazione, deve riconoscere che le motivazioni date a sostegno di quell’affermazione sono insufficienti per giustificarla. Quindi deve conoscere anche le motivazioni date.
Le certezze presupposte non finiscono qui. Quando uno scettico continua a fidarsi dello scetticismo, lo fa per non cadere in errore. Ma ciò presuppone la conoscenza di cosa sia l’errore. Presuppone inoltre un desiderio per la verità, che suppone almeno una tacita certezza che la verità esista.
Insomma uno scettico semplicemente non può dubitare di ogni cosa, è impossibile. L’affermazione stessa implica delle certezze presupposte e la negazione di principi primi evidenti, come il principio di non-contraddizione, non è possibile dal momento che, mentre lo nega, il principio viene affermato. Dunque, lo scetticismo universale, è fallito. Abbiamo una giustificazione razionale per essere scettici nei riguardi dello scetticismo.

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