giovedì 24 settembre 2015

L’educazione: ottimo veicolo di indottrinamento sociale


di Elena Marchese

 

La realtà giuridica del nostro paese è sempre più frammentata, parcellizzata. Proprio a causa di questo problema non è sempre facile capire la portata sostanziale di un dettato normativo, cioè i suoi effetti nella nostra vita.

Prendiamo in esame l’art. 1 comma 16  della L. 13.07.2015 n°107 c.d. Legge della “Buona Scuola”. Il presente articolo recita: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decretolegge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 5bis, comma 1, primo periodo, del predetto decretolegge n. 93 del 2013”.

Ci sono vari livelli di interpretazione di un testo normativo, sarebbe utile cercare di utilizzarne sempre almeno tre nel momento in cui ci poniamo di fronte ad uno di essi: il primo livello di analisi dovrebbe essere quello letterale (con cui si cerca di capire il testo normativo basandosi sulle parole usate nel testo), uno sistematico (con cui si interpreta il testo ponendolo in relazione con altri testi normativi) ed uno teleologico (che cioè si interroga sul fine che il legislatore vuole raggiungere con un certo dettato normativo).

Cominciando dal primo piano di analisi ci  accorgiamo che questo testo, utilizzando parole molto generiche, afferma che lo Stato nei piani scolastici assicura: “l’attuazione dei principi di pari opportunità” tramite “l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”.

Ci sono due considerazioni da fare: 1) la vaghezza delle parole utilizzate non ci rendono capaci di capire in che modo pratico “i principi, l’educazione e la prevenzione in cosa consistono e 2) in che modo verranno concretamente attuati nel nostro sistema educativo.  Proseguendo nella lettura ci accorgiamo che il testo dichiara apertamente che i principi, l’educazione e la prevenzioneche verranno attuati nelle classi non sono il fine ultimo della norma ma bensì che essi sono semplicemente un mezzo per realizzare fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decretolegge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119”.

E qui qualche considerazione spontanea:

  • Perché un tenore letterario così vago? Non si capisce infatti in che modo si realizzerebbe l’attuazione di questi “principi”.
  • Perché l’attuazione dei principi di pari opportunità o di non discriminazione non è il fine ma semplicemente il mezzo per l’informazione e la sensibilizzazione delle persone su qualcos’altro di misterioso a cui si rinvia solamente per relationem?

Per fare chiarezza vogliamo utilizzare allora l’altro piano interpretativo, quello sistematico. Daremo nelle conclusioni l’interpretazione teleologica. Passiamo ora a vedere i testi che il comma 16 cita e generalmente, come il legislatore parla di mezzi contro la discriminazione.
Come abbiamo visto il comma 16 rinvia per la definizione delle tematiche e delle modalità di attuazione dei “principi” che nomina, l’art. 5 comma 2 del Decreto Legge 14.08.2013 n°93 convertito con L. n°119 del 15.10.2013. Tolte le parti che non riguardano la scuola, si legge:
Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere: 1. Il Ministro delegato per le pari opportunità, (…), elabora (…) un “Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere”, di seguito denominato “Piano”, che deve essere predisposto in sinergia con la nuova programmazione dell’Unione europea per il periodo 2014-2020.
2. Il Piano, con l’obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale, persegue le seguenti finalità: (…) c) promuovere un’adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere e promuovere, nell’ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali, nella programmazione didattica curricolare ed extracurricolare delle scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione, l’informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo (…)».

Ci accorgiamo che questo testo comincia ad essere meno generico e che anch’esso rimanda ad altri due documenti: il Piano d’azione straordinario[1] che viene emanato dal Ministero (e quindi è un documento nazionale) e la Nuova Programmazione che è un atto dell’Unione Europea.
Prendiamo in considerazione il Piano d’azione. Il punto 5.2 recita: “ Educazione - Obiettivo prioritario deve essere quello di educare alla parità e al rispetto delle differenze, in particolare per superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini nel rispetto dell’identità di genere, culturale, religiosa, dell’orientamento sessuale, delle opinioni e dello status economico e sociale, sia attraverso la formazione del personale della scuola e dei docenti sia mediante l’inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa e didattica. Nell’ambito delle “Indicazioni nazionali” per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, per i licei, per gli istituti tecnici e professionali, il Governo provvederà dunque ad elaborare un documento di indirizzo che solleciti tutte le istituzioni scolastiche autonome ad una riflessione e ad un approfondimento dei temi legati all’identità di genere e alla prevenzione della discriminazione di genere, fornendo, al contempo, un quadro di riferimento nell’elaborazione del proprio curricolo all’interno del Piano dell’Offerta Formativa. Si riportano nel dettaglio le linee di indirizzo riguardanti l’Asse di intervento “Educazione” (Vd. Allegato B)”.
Il citato Allegato B continua rimandano spesso alla Convenzione di Istanbul[2] (che è un documento del Consiglio d’Europa sulla prevenzione della violenza sulle donne e della violenza domestica) ed all’articolo 5 comma 2, Decreto Legge 14.08.2013 n°93 di cui abbiamo accennato prima. Per poi passare ad  enunciare gli: “obiettivi da perseguire” che “dovranno prevedere la rivalutazione dei saperi di genere per combattere stereotipi e pregiudizi; la valorizzazione delle differenze per prevenire fenomeni di violenza sessuale, aggressività e bullismo; il riconoscimento del valore dell’identità di genere per rafforzare l’autostima (…).  Nel contesto delle azioni riferite al sistema educativo e scolastico, sarà avviata una apposita riflessione sull’uso del linguaggio nei libri di testo e sui possibili stereotipi discriminatori che ne possono derivare”.
Riguardo a questo brano è interessante sottolineare come venga nominata la necessità di combattere gli stereotipi, di valorizzare le differenze e di riconoscere il valore dell’identità di genere ed il tutto al fine di rafforzare l’autostima…
A noi sembra che il compito di rafforzare “l’autostima personale” non sia un impegno sostenibile dallo Stato e né un onere che lo Stato dovrebbe assumersi quasi in veste paternalistica. Allo stesso tempo, riteniamo che il metodo imposto da questa norma sia al contrario il modo più semplice di travolgere e rifiutare le differenze che naturalmente sussistono tra uomo e donna, appianandoli sotto la maschera informe della consapevolezza di genere.
Infine l’ultimo e rilevante documento è la programmazione UE in vigore (Regolamento UE N. 1381/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 che istituisce un programma di Diritti, uguaglianza e cittadinanza per il periodo 2014-2020)[3]. Inoltre, l’attività di “spinta” della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere presso il Parlamento europeo si è sostanziata anche in una proposta di relazione, che è stata da poco approvata e nella quale si legge:
Sapere, istruzione e media – 61. Invita la Commissione a creare incentivi per una formazione competente all’utilizzo critico dei media negli Stati membri, che metta in discussione gli stereotipi e le strutture tradizionali, nonché a condividere esempi di prassi eccellenti per verificare la presenza di rappresentazioni stereotipate nei materiali didattici sinora utilizzati; invita la Commissione, a tale proposito, a sostenere programmi di sensibilizzazione in merito agli stereotipi, al sessismo e ai ruoli di genere tradizionali nell’istruzione e sui media, nonché a condurre campagne per la promozione di modelli di ruolo femminili e maschili positivi; sottolinea in questo contesto che la lotta al bullismo e ai pregiudizi nei confronti delle persone LGBTI nelle scuole, sia degli studenti, sia dei genitori o degli insegnanti, deve figurare tra gli sforzi dell’UE per combattere gli stereotipi di genere; sottolinea a tale riguardo l’importanza di una formazione pedagogica attenta alle questioni di genere per gli insegnanti, affinché questi ultimi possano trasmettere chiaramente quali sono i benefici derivanti dalla parità e da una società variegata (….).
63. Sottolinea il ruolo determinante svolto dall’istruzione e dall’emancipazione nel combattere gli stereotipi di genere e nel porre fine alle discriminazioni basate sul genere, nonché l’impatto positivo sia per le donne sia per la società e l’economia in generale; sottolinea l’estrema importanza di inculcare tali valori fin dalla tenera età e di condurre campagne di sensibilizzazione nei luoghi di lavoro e a livello dei media, sottolineando il ruolo degli uomini nella promozione della parità, nell’equa suddivisione delle responsabilità familiari e nel conseguimento di un giusto equilibrio tra vita lavorativa e vita privata (…). 64. Sottolinea che la parità di genere dovrebbe essere un criterio da rispettare in tutti i programmi culturali, di istruzione e di ricerca, finanziati dall’UE e chiede alla Commissione di inserire un settore specifico della ricerca di genere nell’ambito del programma Orizzonte 2020 (….). 67. Chiede alla Commissione di coadiuvare gli Stati membri nella creazione di cattedre per gli studi di genere e la ricerca femminista”.
Punti da rilevare:

  • Anche queste formulazioni normative sono oltremodo generiche e permettono di includere qualunque tipo di azione per il perseguimento dei fini che si pone, qualsiasi mezzo quindi purché sia coperto dall’etichetta “antidiscriminazione[4]
  • Le parole che ricorrono più di frequente sono combattere: mettere in discussione tramite il ruolo che l’istruzione ed i media hanno nella nostra società. La cosa più impressionante è che il testo arriva addirittura a sottolineare: “l’estrema importanza di inculcare tali valori fin dalla tenera età”. Questo fa paura, è esattamente la vera natura del metodo usato per decostruire, smantellare, distruggere le fondamenta più profonde della nostra società.

Infine siccome avevamo detto di fare un controllo sistematico, controlliamo anche cosa succede da qualche altra parte nel nostro paese per capire il fine reale ed il senso del comma 16 della legge sulla “Buona Scuola”.
Ora l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) è stato creato, con l’art. 7 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 per “la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica, con funzioni di controllo e garanzia delle parità di trattamento e dell’operatività degli strumenti di tutela, avente il compito di svolgere, in modo autonomo e imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull’origine etnica, anche in un’ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse discriminazioni possono avere su donne e uomini, nonché dell’esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso
Tuttavia ora le sue competenze si sono ampliate e di fatto esso utilizza i fondi nazionali per attuare strategie riguardanti l’omofobia e la transfobia, che nulla hanno a che fare con i suoi scopi istituzionali, tanto da aver messo a punto una “Strategia Nazionale LGBT italiana”, e da avere emesso “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT”. Così discriminando di fatto non solo la maggioranza ma anche alcune categorie che veramente necessitano di protezione come quelle, solo per farne un esempio, dei portatori di handicap.
Come ci ricorda Monica Boccardi nel suo bell’articolo, gli esempi di queste politiche cominciano già farsi strada nella realtà e nella quotidianità delle nostre vite. Ne sono esempi chiari i fatti avvenuti “in quelle scuole […] dove programmi di lotta alle discriminazioni, al bullismo e al cyberbullismo, e così via, si sono trasformati in qualcosa di totalmente differente, incentrandosi quasi esclusivamente ora sulla “decostruzione” dell’identità di genere personale attribuita all’influenza deleteria della società e dell’educazione tradizionale (vedi il gioco del rispetto a Trieste), ora sulla demolizione del concetto di famiglia, accompagnato dalla narrazione di nascite da utero in affitto, spacciate per “atti d’amore” (vedi i libri sulle famiglie arcobaleno introdotti in molti asili), ora, infine, su informazioni di educazione sessuale che definire discutibili è dir poco, dato che non potevano definirsi tali (vedi il progetto W l’Amore in Emilia Romagna)”.
***
Riprendiamo le fila della nostra analisi:
Per far si che chiunque si sappia divincolare nell’universo poliedrico delle norme che regolano queste tematiche tutti abbiamo i tre strumenti di interpretazione che fin qui abbiamo utilizzato:

  1. interpretazione letterale (essere ben attenti alle parole delle norme di cui ci occupiamo, capire a cosa si riferiscono in particolare)
  2. interpretazione sistematica (andare a vedere i rimandi che le norme operano e vedere come certi temi vengono trattati in più disposizioni normative differenti per capire meglio il senso che il legislatore da alle parole che usa)
  3. interpretazione teleologica (capire cioè il fine che il legislatore vuole perseguire con un certo dettato normativo. Questo ultimo livello di analisi si può effettuare ottenendo un certo grado di affidabilità solamente dopo aver effettuato i due precedenti step di analisi.)

Nel nostro caso abbiamo visto che il tenore letterale della legge sulla “Buona Scuola” è essenzialmente ambiguo perché i termini sono molto generali e non viene specificato, se non per rimando ad altre norme altrettanto vaghe, come si realizzerebbero i “principi di non discriminazione” che il comma 16 enuncia. In secondo luogo si deve dire che dal testo di questo comma emerge chiaramente che lo scopo della norma non è perseguire fini di non discriminazione o di rispetto del prossimo, ma semplicemente sensibilizzare la società sul contenuto di documenti normativi nazionali (come il Piano d’azione straordinario) ed internazionali (come la Programmazione e la Convenzione di Instanbul).

Dall’interpretazione sistematica abbiamo visto che i termini che nel comma 16 diventano meno vaghi negli altri atti normativi che abbiamo esaminato e che questi fanno esplicito riferimento al rinnegamento delle categorie e delle strutture sociali tradizionali per rieducare fin dalla più tenera età i bambini alle “non categorie” LGBT. Appare chiarissimo, dall’esame congiunto di tutti i testi normativi che mezzo essenziale di questo gioco perverso sarà l’istruzione ed i social-media.

Con l’interpretazione teleologica possiamo facilmente desumere che, il comma 16 ha il solo fine di introdurre e far accettare ai consociati quanto previsto dalla normativa a cui rimanda. In sostanza l’ideologia Gender ed il rifiuto della divisione dei ruoli sessuali di appartenenza. Il fine è quindi rieducare, sotto i dettami europei, la nostra società.

Ne sono esempi chiari: la deviazione del ruolo dell’UNAR, i finanziamenti agli atenei per l’istituzione di cattedre che si occupino di Gender e quanto avviene già nelle aule delle nostre scuole.

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