L’educazione: ottimo veicolo di indottrinamento sociale
La
realtà giuridica del nostro paese è sempre più frammentata, parcellizzata.
Proprio a causa di questo problema non è sempre facile capire la portata sostanziale
di un dettato normativo, cioè i suoi effetti nella nostra vita.
Prendiamo
in esame l’art. 1 comma 16 della L.
13.07.2015 n°107 c.d. Legge della “Buona Scuola”. Il presente articolo recita:
“Il piano triennale dell’offerta
formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo
nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la
prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di
informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle
tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto‐legge
14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre
2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 5‐bis,
comma 1, primo periodo, del predetto decreto‐legge
n. 93 del 2013”.
Ci
sono vari livelli di interpretazione di un testo normativo, sarebbe utile
cercare di utilizzarne sempre almeno tre nel momento in cui ci poniamo di
fronte ad uno di essi: il primo livello di analisi dovrebbe essere quello
letterale (con cui si cerca di capire il testo normativo basandosi sulle parole
usate nel testo), uno sistematico (con cui si interpreta il testo ponendolo in
relazione con altri testi normativi) ed uno teleologico (che cioè si interroga
sul fine che il legislatore vuole raggiungere con un certo dettato normativo).
Cominciando
dal primo piano di analisi ci accorgiamo
che questo testo, utilizzando parole molto generiche, afferma che lo Stato nei
piani scolastici assicura: “l’attuazione
dei principi di pari opportunità” tramite “l’educazione alla parità tra i
sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”.
Ci sono due considerazioni da fare: 1) la vaghezza
delle parole utilizzate non ci rendono capaci di capire in che modo pratico “i principi”, “l’educazione” e la “prevenzione” in cosa consistono
e 2) in che modo verranno concretamente attuati nel nostro sistema educativo. Proseguendo nella lettura ci accorgiamo che
il testo dichiara apertamente che “i
principi”, “l’educazione”
e la “prevenzione” che
verranno attuati nelle classi non sono il fine ultimo della norma ma bensì che
essi sono semplicemente un mezzo per realizzare “fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i
docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del
decreto‐legge
14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre
2013, n. 119”.
E qui qualche considerazione spontanea:
- Perché un tenore letterario così vago? Non si capisce infatti in che modo si realizzerebbe l’attuazione di questi “principi”.
- Perché l’attuazione dei principi di pari opportunità o di non discriminazione non è il fine ma semplicemente il mezzo per l’informazione e la sensibilizzazione delle persone su qualcos’altro di misterioso a cui si rinvia solamente per relationem?
Per fare chiarezza vogliamo utilizzare allora
l’altro piano interpretativo, quello sistematico. Daremo nelle conclusioni
l’interpretazione teleologica. Passiamo ora a vedere i testi che il comma 16 cita
e generalmente, come il legislatore parla di mezzi contro la discriminazione.
Come abbiamo visto il comma 16 rinvia per la
definizione delle tematiche e delle modalità di attuazione dei “principi” che
nomina, l’art. 5 comma 2 del Decreto Legge 14.08.2013 n°93
convertito con L. n°119 del 15.10.2013.
Tolte le
parti che non riguardano la scuola, si legge:
“Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di
genere: 1. Il Ministro delegato per le pari opportunità, (…), elabora (…) un “Piano d’azione straordinario contro la violenza
sessuale e di genere”, di seguito denominato “Piano”, che deve essere predisposto in sinergia con la nuova programmazione
dell’Unione europea per il periodo 2014-2020.
2. Il Piano, con l’obiettivo
di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale, persegue le seguenti finalità: (…) c) promuovere
un’adeguata formazione del personale
della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di
genere e promuovere, nell’ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo
della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni
nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e
professionali, nella programmazione
didattica curricolare ed extracurricolare delle scuole di ogni ordine e grado,
la sensibilizzazione, l’informazione e la formazione degli studenti al fine di
prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere,
anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo
(…)».
Ci
accorgiamo che questo testo comincia ad essere meno generico e che anch’esso
rimanda ad altri due documenti: il Piano d’azione straordinario[1] che
viene emanato dal Ministero (e quindi è un documento nazionale) e la Nuova Programmazione che è un atto dell’Unione Europea.
Prendiamo in considerazione
il Piano d’azione. Il punto 5.2 recita: “ Educazione - Obiettivo prioritario deve essere quello di
educare alla parità e al rispetto delle differenze, in particolare per superare
gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il
significato dell’essere donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini
nel rispetto dell’identità di genere, culturale, religiosa, dell’orientamento
sessuale, delle opinioni e dello status economico e sociale, sia attraverso la
formazione del personale della scuola e dei docenti sia mediante l’inserimento
di un approccio di genere nella pratica educativa e didattica. Nell’ambito
delle “Indicazioni nazionali” per il curricolo della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo di istruzione, per i licei, per gli istituti tecnici e
professionali, il Governo provvederà dunque ad elaborare un documento di
indirizzo che solleciti tutte le istituzioni scolastiche autonome ad una
riflessione e ad un approfondimento dei temi legati all’identità di genere e
alla prevenzione della discriminazione di genere, fornendo, al contempo, un
quadro di riferimento nell’elaborazione del proprio curricolo all’interno del
Piano dell’Offerta Formativa. Si riportano nel dettaglio le linee di indirizzo
riguardanti l’Asse di intervento “Educazione” (Vd. Allegato B)”.
Il citato Allegato
B continua rimandano spesso alla Convenzione
di Istanbul[2] (che
è un documento del Consiglio d’Europa sulla prevenzione della violenza sulle
donne e della violenza domestica) ed all’articolo 5 comma 2, Decreto Legge 14.08.2013 n°93 di cui abbiamo
accennato prima. Per poi passare ad
enunciare gli: “obiettivi da perseguire” che “dovranno prevedere la rivalutazione dei saperi di genere per combattere stereotipi e pregiudizi; la valorizzazione delle differenze per prevenire fenomeni di violenza
sessuale, aggressività e bullismo; il
riconoscimento del valore dell’identità di genere per rafforzare l’autostima
(…). Nel contesto delle azioni riferite al sistema educativo e
scolastico, sarà avviata una apposita riflessione
sull’uso del linguaggio nei libri di testo e sui possibili stereotipi
discriminatori che ne possono derivare”.
Riguardo a questo brano è interessante sottolineare
come venga nominata la necessità di combattere gli stereotipi, di valorizzare le
differenze e di riconoscere il valore dell’identità di genere ed il tutto al
fine di rafforzare l’autostima…
A noi sembra che il compito di rafforzare “l’autostima
personale” non sia un impegno sostenibile dallo Stato e né un onere che lo
Stato dovrebbe assumersi quasi in veste paternalistica. Allo stesso tempo, riteniamo
che il metodo imposto da questa norma sia al contrario il modo più semplice di
travolgere e rifiutare le differenze che naturalmente sussistono tra uomo e
donna, appianandoli sotto la maschera informe della consapevolezza di genere.
Infine l’ultimo e rilevante documento è la programmazione UE in vigore (Regolamento UE N. 1381/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013
che istituisce un programma di Diritti, uguaglianza e cittadinanza per il
periodo 2014-2020)[3]. Inoltre, l’attività di “spinta” della
Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere presso il
Parlamento europeo si è sostanziata anche in una proposta di relazione, che è stata da poco approvata e nella quale
si legge:
“Sapere, istruzione e media – 61. Invita la
Commissione a creare incentivi per una formazione competente all’utilizzo
critico dei media negli Stati membri, che metta
in discussione gli stereotipi e le strutture tradizionali, nonché a
condividere esempi di prassi eccellenti per verificare la presenza di
rappresentazioni stereotipate nei materiali didattici sinora utilizzati; invita
la Commissione, a tale proposito, a sostenere
programmi di sensibilizzazione in merito agli stereotipi, al sessismo e ai
ruoli di genere tradizionali nell’istruzione e sui media, nonché a condurre
campagne per la promozione di modelli di ruolo femminili e maschili positivi;
sottolinea in questo contesto che la lotta al bullismo e ai pregiudizi nei
confronti delle persone LGBTI nelle scuole, sia degli studenti, sia dei
genitori o degli insegnanti, deve figurare tra gli sforzi dell’UE per
combattere gli stereotipi di genere; sottolinea a tale riguardo l’importanza di
una formazione pedagogica attenta alle questioni di genere per gli insegnanti,
affinché questi ultimi possano trasmettere chiaramente quali sono i benefici
derivanti dalla parità e da una società variegata (….).
63.
Sottolinea il ruolo determinante svolto
dall’istruzione e dall’emancipazione nel combattere gli stereotipi di genere
e nel porre fine alle discriminazioni basate sul genere, nonché l’impatto
positivo sia per le donne sia per la società e l’economia in generale; sottolinea l’estrema importanza di
inculcare tali valori fin dalla tenera età e di condurre campagne di
sensibilizzazione nei luoghi di lavoro e a livello dei media, sottolineando il
ruolo degli uomini nella promozione della parità, nell’equa suddivisione delle
responsabilità familiari e nel conseguimento di un giusto equilibrio tra vita
lavorativa e vita privata (…). 64. Sottolinea che la parità di genere dovrebbe
essere un criterio da rispettare in tutti i programmi culturali, di istruzione
e di ricerca, finanziati dall’UE e chiede alla Commissione di inserire un
settore specifico della ricerca di genere nell’ambito del programma Orizzonte
2020 (….). 67. Chiede alla Commissione di coadiuvare gli Stati membri nella creazione di cattedre per gli studi di
genere e la ricerca femminista”.
Punti da rilevare:
- Anche queste formulazioni normative sono oltremodo generiche e permettono di includere qualunque tipo di azione per il perseguimento dei fini che si pone, qualsiasi mezzo quindi purché sia coperto dall’etichetta “antidiscriminazione”[4]
- Le parole che ricorrono più di frequente sono combattere: mettere in discussione tramite il ruolo che l’istruzione ed i media hanno nella nostra società. La cosa più impressionante è che il testo arriva addirittura a sottolineare: “l’estrema importanza di inculcare tali valori fin dalla tenera età”. Questo fa paura, è esattamente la vera natura del metodo usato per decostruire, smantellare, distruggere le fondamenta più profonde della nostra società.
Infine siccome avevamo detto di fare un controllo
sistematico, controlliamo anche cosa succede da qualche altra parte nel nostro
paese per capire il fine reale ed il senso del comma 16 della legge sulla
“Buona Scuola”.
Ora
l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni
Razziali) è stato creato, con l’art. 7 del decreto legislativo 9 luglio 2003,
n. 215 per “la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle
discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica, con funzioni di
controllo e garanzia delle parità di trattamento e dell’operatività degli
strumenti di tutela, avente il compito di svolgere, in modo autonomo e
imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi
forma di discriminazione fondata sulla razza o sull’origine etnica, anche in
un’ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse discriminazioni
possono avere su donne e uomini, nonché dell’esistenza di forme di razzismo a
carattere culturale e religioso”
Tuttavia
ora le sue competenze si sono ampliate e di fatto esso utilizza i fondi
nazionali per attuare strategie riguardanti l’omofobia e la transfobia, che
nulla hanno a che fare con i suoi scopi istituzionali, tanto da aver messo a
punto una “Strategia Nazionale LGBT italiana”, e da avere emesso “Linee
guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT”. Così
discriminando di fatto non solo la maggioranza ma anche alcune categorie che
veramente necessitano di protezione come quelle, solo per farne un esempio, dei
portatori di handicap.
Come
ci ricorda Monica Boccardi nel suo bell’articolo, gli esempi di queste
politiche cominciano già farsi strada nella realtà e nella quotidianità delle
nostre vite. Ne sono esempi chiari i fatti avvenuti “in quelle scuole […] dove
programmi di lotta alle discriminazioni, al bullismo e al cyberbullismo, e così via, si sono trasformati in qualcosa di
totalmente differente, incentrandosi quasi esclusivamente ora sulla “decostruzione”
dell’identità di genere personale attribuita all’influenza deleteria della
società e dell’educazione tradizionale (vedi il gioco del rispetto a Trieste),
ora sulla demolizione del concetto di famiglia, accompagnato dalla narrazione
di nascite da utero in affitto, spacciate per “atti d’amore” (vedi i libri
sulle famiglie arcobaleno introdotti in molti asili), ora, infine, su
informazioni di educazione sessuale che definire discutibili è dir poco, dato
che non potevano definirsi tali (vedi il progetto W l’Amore in Emilia Romagna)”.
***
Riprendiamo le fila
della nostra analisi:
Per
far si che chiunque si sappia divincolare nell’universo poliedrico delle norme
che regolano queste tematiche tutti abbiamo i tre strumenti di interpretazione
che fin qui abbiamo utilizzato:
- interpretazione letterale (essere ben attenti alle parole delle norme di cui ci occupiamo, capire a cosa si riferiscono in particolare)
- interpretazione sistematica (andare a vedere i rimandi che le norme operano e vedere come certi temi vengono trattati in più disposizioni normative differenti per capire meglio il senso che il legislatore da alle parole che usa)
- interpretazione teleologica (capire cioè il fine che il legislatore vuole perseguire con un certo dettato normativo. Questo ultimo livello di analisi si può effettuare ottenendo un certo grado di affidabilità solamente dopo aver effettuato i due precedenti step di analisi.)
Nel
nostro caso abbiamo visto che il tenore letterale della legge sulla “Buona
Scuola” è essenzialmente ambiguo perché i termini sono molto generali e non
viene specificato, se non per rimando ad altre norme altrettanto vaghe, come si
realizzerebbero i “principi di non discriminazione” che il comma 16 enuncia. In
secondo luogo si deve dire che dal testo di questo comma emerge chiaramente che
lo scopo della norma non è perseguire fini di non discriminazione o di rispetto
del prossimo, ma semplicemente sensibilizzare la società sul contenuto di
documenti normativi nazionali (come il Piano d’azione straordinario) ed
internazionali (come la Programmazione e la Convenzione di Instanbul).
Dall’interpretazione
sistematica abbiamo visto che i termini che nel comma 16 diventano meno vaghi
negli altri atti normativi che abbiamo esaminato e che questi fanno esplicito
riferimento al rinnegamento delle categorie e delle strutture sociali tradizionali
per rieducare fin dalla più tenera età i bambini alle “non categorie” LGBT.
Appare chiarissimo, dall’esame congiunto di tutti i testi normativi che mezzo
essenziale di questo gioco perverso sarà l’istruzione ed i social-media.
Con
l’interpretazione teleologica possiamo facilmente desumere che, il comma 16 ha
il solo fine di introdurre e far accettare ai consociati quanto previsto dalla
normativa a cui rimanda. In sostanza l’ideologia Gender ed il rifiuto della
divisione dei ruoli sessuali di appartenenza. Il fine è quindi rieducare, sotto
i dettami europei, la nostra società.
Ne
sono esempi chiari: la deviazione del ruolo dell’UNAR, i finanziamenti agli
atenei per l’istituzione di cattedre che si occupino di Gender e quanto avviene
già nelle aule delle nostre scuole.
[1]
Presentato in data 7.05.2015 ma non ancora in vigore perché in attesa
dell’emanazione del decreto ministeriale. Disponibile al: http://www.partecipa.gov.it/media/1027/descrizione-del-piano-d-azione-straordinario-contro-la-violenza-sessuale-e-di-genere.pdf
[4] Così
come sottolinea: Monica Boccardi: http://www.notizieprovita.it/legislazione/la-teoria-gender-nella-buona-scuola-bisogna-vigilare/
al cui lavoro questo articolo fa chiaro riferimento.
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