di Francesco Del Giudice
Dall’8 all’11 Dicembre si è svolto a Montefiascone l’XI Incontro della Voci del Verbo che ci ha impedito di poter scrivere e pubblicare gli articoli delle Rubriche Lux Veritatis e Quid est veritas?. Scusandoci per questo piccolo inconveniente, riprendiamo oggi 17 Dicembre, la nostra rubricata dedicata alla Storia.
Dall’8 all’11 Dicembre si è svolto a Montefiascone l’XI Incontro della Voci del Verbo che ci ha impedito di poter scrivere e pubblicare gli articoli delle Rubriche Lux Veritatis e Quid est veritas?. Scusandoci per questo piccolo inconveniente, riprendiamo oggi 17 Dicembre, la nostra rubricata dedicata alla Storia.
Come abbiamo visto nell’articolo del 3 Dicembre, nel 1492 Isabella e
Ferdinando inviarono Cristoforo Colombo per
maria oceana con lo scopo di giungere ad
partes Indie: il suo primo viaggio infatti partì dal
porto di Palos il 2 agosto 1492 e si concluse nell’Isola di Guanahaní il 12
ottobre. Dal giorno della Scoperta
inizia la grande avventura dell’esplorazione
del continente americano in cui l’uomo europeo entrerà in contatto con civiltà
che non avevano mai conosciuto né direttamente né indirettamente. Si trattava
di popolazioni che, all’occhio di uno spagnolo dell’epoca apparivano da una
parte da evangelizzare ma anche da schiavizzare. Non ci scandalizzi la cosa, in
quanto non è lecito giudicare il tempo
passato con gli occhi del presente: all’epoca infatti la schiavitù del non-cristiano era
ampiamente giustificata grazie alla teoria della schiavitù naturale degli uomini barbari che, teorizzata da
Aristotele, venne nel tempo piegata e modificata per giustificare la schiavitù
dei non cristiani da parte di cristiani[1]. Leggendo
attentamente la storia, tuttavia, possiamo affermare senza ombra di dubbio che,
soprattutto per quanto riguarda la Spagna[2], tra i
cosiddetti popoli precolombiani non incontriamo popoli schiavi bensì sudditi
del Re di Spagna che, anzi, godevano di protezione diretta da parte del Sovrano
esercitata, ovviamente, da un Viceré che si trovava in America. Perché avvenne
questo e non, invece, ciò che il diritto dell’epoca permetteva? Perché fin da
subito la Monarchia spagnola, ed Isabella in primis, si mostrò apertamente
contraria alla schiavitù e favorevole invece alla civilizzazione degli indios.
Non possiamo vedere con attenzione ogni aspetto della
vicenda che cominciò già nel 1495 e si concluse definitivamente nel 1680[3]: ci
limiteremo qui a trattare la vicenda per sommi capi facendo riferimento a casi
particolari che sono stati alla base degli eventi successivi.
Colombo stesso non era esente dalla mentalità schiavistica
dell’epoca, tant’è che il 2 Febbraio 1495 inviò 500 indios de La Española
(considerati da lui schiavi di buona
guerra) per essere venduti nei
mercati di schiavi dell’Andalusía: Isabella e Ferdinando il 12 Aprile autorizzarono la vendita[4] ma il 16 (solamente dopo 4 giorni) la sospesero «poiché Noi vogliamo sapere da
letterati, teologi e canonisti se con buona coscienze siano vendibili questi
schiavi da parte di voi solo»[5]
rinunciando anche a riscuotere il denaro delle vendite già compiute. Che cosa
era successo in quei quattro giorni? Ufficialmente non sappiamo nulla al
riguardo ma, con ogni probabilità, Isabella e Ferdinando vennero assaliti da
scrupoli di coscienza che si rifletteranno nelle loro future scelte. Ci tengo a
sottolineare che non si tratta di una visione pietistica di questo documento
bensì la lettura corretta del testo: è incontrovertibile infatti, il fatto che
i Monarchi usano le espressioni «con buona
coscienza» e non altre di natura politica o economica. Un ulteriore evento
del 1499 ci viene in aiuto per capire lo stato d’animo di Isabella dinanzi a
queste “spedizioni” che Colombo organizzava dall’America. In quell’anno
infatti, l’ammiraglio inviò nuovamente in Spagna circa 300 schiavi, regalandone
uno a ciascun membro dell’equipaggio: quando Isabella seppe la notizia «si infuriò molto dicendo queste parole:
“che potere [simile al mio] ha l’Ammiraglio di dare a chicchessia i
miei vassalli?”
ed altre simili»[6], ordinando
in seguito che le fossero consegnati gli schiavi.

Si apre qui un aspetto della Scoperta dell’America poco conosciuto e spesso ignorato di
proposito: Isabella si occupò infatti della creazione e dell’organizzazione dei
territori scoperti sia nel 1501 «volendo
compiere il servizio di Dio e nostro, e l’amministrazione della nostra
giustizia, e la pace, la tranquillità e il buon governo di queste isole e terra
ferma»[8] sia nel
1503[9] con una Real Instrucción che, se letta
attentamente, lascia meravigliati per quello che ordinava. In questa Ordinanza infatti la Regina ordina
di creare dei pueblos di indios con una chiesa e un funzionario
giudiziario per radicare l’istituto naturale della famiglia, consigliando anche
matrimoni misti tra spagnoli ed indios; i funzionari devono compiere un
censimento generale della popolazione e devono sovrintendere al comportamento
degli indios, insegnando loro a coprirsi e a vestirsi. Isabella stabilì,
inoltre, che in ogni villaggio si erigesse una chiesa con annessa una scuola
come anche ospedali: entrambe le istituzioni devono essere aperte a tutta la
popolazione, agli indios come agli spagnoli. La regina interviene anche in
problemi interni alla popolazione indigena ma,
contemporaneamente, critica il comportamento sia pubblico che privato degli
spagnoli poiché tale condotta non produce né le conversioni né la pace da lei
auspicate. Nello stesso documento, inoltre, sono presenti le primissime leggi
che istituiscono e regolano la Casa de Contratación e il lavoro degli
indios nelle piantagioni o nelle miniere (obbligando gli spagnoli a trattarli
bene senza negare i diritti elementari degli indios, come il cibo).
È innegabile che le ordinanze di Isabella vennero in gran
parte disattese dai suoi funzionari e dai coloni tanto che, in un’ulteriore carta
del 20 dicembre 1503[10], Isabella
stessa deplorò il fatto ampliando maggiormente il progetto iniziale ed obbligando
a dare la giusta paga, giornaliera, ai lavoratori autoctoni facendo «in modo che gli indios siano
trattati bene, e quelli che sono cristiani meglio degli altri» ricordando inoltre al Governatore: «che non consentiate né permettiate che ci sia occasione perché qualcuno
gli possa far del male, o danno o altre barbarie»[11].
È importante conoscere questi documenti, benché ci possano
sembrare solamente un lungo elenco di leggi mai applicate, perché ci permettono
di capire meglio sia le intenzioni di Isabella sia quelle dei suoi successori:
portare cioè la fede cristiana e la cultura europea in America per poter far
diventare le popolazioni locali quello che sono oggi. I documenti infatti sono
fondamentali per qualsiasi seria ricerca storica e, in pratica, il documento è lo specchio fedele di quanto
sta accadendo in un determinato momento. Quelli che abbiamo citati poi sono
ancora più importanti perché si tratta di leggi le quali hanno sempre un carattere
pedagogico e culturale. Per
capire appieno che cosa è stato realizzato in Spagna sotto Isabella e
Ferdinando (e i loro successori), soprattutto nei confronti degli indios,
dobbiamo leggere la legislazione di quegli anni come cartina al tornasole di
una società che stava abbandonando vecchi modelli (giuridici e culturali) in
favore di un nuovo modo di intendere l’uomo: tutte le leggi sopra nominate,
cioè, devono essere usate come termine di paragone con altri Paesi e con altri
modelli giuridici dell’epoca.
Solamente questa analisi, quindi, ci potrà portare a
formulare un giudizio complessivo dell’opera che la Corona spagnola volle
condurre in America non dimenticando però che le leggi hanno un valore per così
dire “teorico” e devono essere tradotte in pratica: pur essendo coercitive,
infatti, l’uomo può liberamente (ma non legittimamente) non applicarle o
contraddirle[12]. Un conto,
infatti, è definire (e quindi sanzionare) un reato, un conto è far applicare la
legge. Legittimità e libertà, infatti, non vanno di pari passo né sono la
stessa cosa poiché l’uomo può liberamente delinquere e porsi fuori dalla legge
in maniera illegittima. Dobbiamo considerare inoltre altri due fattori
fondamentali per l’applicazione della legge: la distanza geografica e la
difficoltà (se non la quasi impossibilità a volte) di sanzionare i colpevoli in un mondo in cui non esistevano
telefoni cellulari, mappe satellitari e tutte le altre innovazioni tecnologiche
in nostro possesso[13]: come e
quando si può sapere in Spagna, in un’epoca in cui non esistono né sms né tv
satellitari, ciò che in America sta succedendo? La risposta è molto semplice:
le notizie arrivavano filtrate dalle relazioni e dalle denuncie ma dovevano
percorrere l’Oceano Atlantico in vari mesi di navigazione. La risoluzione del
problema era affidata ad un’ordinanza che doveva essere applicata, sempre mesi
dopo e sempre dopo aver percorso l’Oceano Atlantico, da un pugno di fedelissimi
alla Corona.
E’ doveroso pertanto ribadire con forza questo principio: le leggi ci furono; i problemi vennero affrontati ma,
ovviamente, era tutto rimesso alla piena
osservanza ed alla piena accettazione degli ordini da parte di pochi uomini
che, date le circostanze, potevano anche fare il bello e il cattivo tempo senza
che nessuno lo sapesse. Nei pochi casi in cui le leggi non ci furono o i
problemi non vennero affrontati con forza da parte dell’autorità, viceversa,
dobbiamo denunciare la cosa senza porci nessun problema o scrupolo di
coscienza. Come abbiamo già detto nell’articolo del 3 Dicembre, infatti, non
abbiamo bisogno di una Leggenda Rosa:
abbiamo bisogno della verità storica, che è una cosa completamente differente.
Per concludere: l’opera di Isabella e Ferdinando, continuata
nel corso degli anni dai suoi successori, produsse ciò che l’uomo europeo del
1492 non poteva nemmeno immaginare: la creazione di un mondo, di una Nueva España o di una Magna Europa
benedetta il 9 dicembre 1531 dall’apparizione sul Tepeyac (nei dintorni di
Città del Messico) della Virgen Morena de
Guadalupe che, presentandosi come una meticcia ed
indossando una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, è il sigillo
ad un caso di un’inculturazione ed una civilizzazione che, per quanti errori abbia potuto commettere si deve ammettere che ha
del miracoloso.
[1] Cfr. E. González Fernández,
Humanismo frente a esclavitud en América
durante el Cuatrocientos, in «Mar Oceana Revista del Humanismo Español e
Iberoamericano», III, 1999, pp. 65-78; A.
Rumeu de Armas, La politica
indigenista de Isabel la Católica, cit.; M.
Hernández Sánchez-Barba, Conciencia
moral y dominio soberano: Isabel la Católica y la dignidad del súbdito
americano, in «Mar Oceana Revista del Humanismo Español e Iberoamericano»,
IX, 2001, pp. 25-36.
[2] Il caso degli schiavi negri si
situa all’interno di questa dottrina essendo originari dell’Africa erano
ritenuti islamici e, quindi, appartenevano alla categoria degli infedeli che non godevano di piena
cittadinanza, giacché questa era data solamente dall’essere cattolico (cioè
dall’essere battezzato). Si può discutere questa teoria, e possiamo giustamente
segnalare l’errore nell’attribuire a tutti gli abitanti dell’Africa
l’appartenenza all’islamismo, ma possiamo farlo solamente con i nostri occhi di
uomini del XXI secolo che hanno conosciuto anche le aberrazioni del ‘900 in cui
vennero privati della dignità di persona interi popoli all’interno di logiche
politico-culturali di matrice totalitaria. Per un uomo del XV-XVIII secolo,
invece, era abbastanza comune credere in queste idee tanto da metterle in
pratica. E’ bene specificare tuttavia che la voce della Chiesa si è sempre
levata contro la schiavitù, in virtù sia dell’universalità della Redenzione di
Cristo sia per la dignità propria di ciascun uomo in quanto persona. Nella maggior parte dei casi,
per quanto riguarda l’America latina (governata cioè da Paesi cattolici) la
schiavitù venne applicata con sotterfugi o andando sempre contro la legge
vigente, apertamente non schiavistica.
[3] E’ l’anno in cui si giunse alla sintesi definitiva di tutta la legislazione
sugli indios. In quell’anno infatti venne redatto da Sólorzano Pereira e
Antonio de León Pinelo la Recopilación de
Leyes de los Reynos de las Indias, diviso in 9 libri e che contiene 6385
leggi: come dice lo stesso titolo si trattò della raccolta sistematica ed
organica di tutta la legislazione prodotta sull’America.
[4] Carta de los reyes autorizando en principio la venta como esclavos de
los primeros indios arribados a la Metrópoli,
Madrid 12 aprile 1495, AGI,PATRONATO,9,R.1, f. 83r.
[5] Carta de los Reyes mandando al obispo de Badajoz retener el
producto de la venta de los indios que envió el Almirante, hasta consultar y
estar seguros de si podrán o no venderlos, Madrid
16 aprile 1495, AGI,PATRONATO,9,R.1, ff. 85v-86r.
[6] Bartolome de las Casas, Historia de las Indias, Imprenta de
Miguel Ginesta, Madrid 1875, p. 474. Traduzione dallo spagnolo mia.
[7] AGI,CONTRATACION,3249, f. 242.
Colombo non fu l’unico a dedicarsi a tale tipo di commercio, cui parteciparono
anche altri capitani ed esploratori: ad esempio, trasgredendo volontariamente
il divieto reale, l’esploratore Cristobal Guerra inviò nuovi schiavi in
Castiglia nel 1501. Quando lo seppe, Isabella in persona gli contestò il fatto,
gli confiscò i propri beni (per poter pagare il riscatto degli indios ed il
loro viaggio di ritorno) e lo fece arrestare: AGI,INDIFERENTE,418,L.1,
ff. 70 r-v.
[8] Nombramiento de Fray Nicolás de Ovando por Gobernador de las Islas
y Tierra Firme de las Indias, 3/09/1501, AGI,INDIFERENTE,418,L.1,
ff. 24r-25r .
[9] AGI,INDIFERENTE,418,L.1, ff. 94 v-98v . Il documento è datato Alcalá
de Henares 20 marzo 1501 e Zaragoza 29 marzo 1503: la prima data corrisponde
alla firma della Regina mentre la seconda alla firma di Ferdinando che, dunque,
ratificò semplicemente il documento. Lo stesso giorno vennero redatte delle
ordinanze segrete a Ovando riguardanti aspetti puramente economici e
amministrativi: AGI,INDIFERENTE,418,L.1, ff. 98
v-99v .
[10] AGI,INDIFERENTE,418,L.1, ff. 121v-122r .
[11] Lo stesso giorno venne emanata
un’ulteriore Cedula per il
Governatore Ovando permettendo agli indios che avevano intenzione di farlo di
potersi recare in Spagna: se essi infatti erano sudditi come tutti gli altri,
perché non avrebbero dovuto avere il permesso di viaggiare liberamente anche
per mare?. Cfr. Real Cedula al gobernador Ovando para que
puedan venir a España los indios que de su voluntad quisieren hacerlo (o
anche Permiso para traer indios a Castilla),
AGI,INDIFERENTE,418,L.1,F.120v-121r.).
[12] Si pensi al caso del furto in
Italia: pur essendo vietato dalla legge, infatti, nel nostro Paese si compie
una media di 1 furto ogni 60 secondi.
[13] La Corona emanava la legge in
Castiglia ma l’ambito di applicazione era in America, a migliaia di km di
distanza e, per di più, la legge doveva essere applicata da un uomo solo (un
governatore) che, al massimo, poteva avere con sé una forza militare nuova
(che, cioè, non era mai stata in America) di poche centinaia di uomini, se non
di meno. Se il viaggio di andata era andato bene (e quindi i documenti non si
erano bagnati, tutto l’equipaggio era rimasto in buona salute, la nave non era
colata a picco, etc) il nuovo funzionario poteva andare alla ricerca del
colpevole dei crimini. Ma, ovviamente, doveva trovarlo in un posto che era per
i più sconosciuto ed inesplorato.
Bell'articolo, ma vorrei un chiarimento su una questione su cui rimugino da un po' di tempo:l'evangelizzazione degli Indios da un punto di vista cattolico è doverosa e ammirevole, soprattutto se portata avanti dallo Stato, però da un punto di vista non cattolico e non-religioso è vista come un imposizione da parte degli europei dei propri usi, costumi e Credo facendo scomparire quello che era il bagaglio culturale originario di quei popoli. Come rispondere a questo senza scadere nel "erano altri tempi" (per sintetizzare il fatto che noi viviamo nel XXI secolo e loro nel XV) che mi sembra un po' semplicistica come spiegazione?
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