sabato 17 dicembre 2016

Isabella la Cattolica e la schiavitù degli indios

di Francesco Del Giudice
 
Dall’8 all’11 Dicembre si è svolto a Montefiascone l’XI Incontro della Voci del Verbo che ci ha impedito di poter scrivere e pubblicare gli articoli delle Rubriche Lux Veritatis e Quid est veritas?. Scusandoci per questo piccolo inconveniente, riprendiamo oggi 17 Dicembre, la nostra rubricata dedicata alla Storia.


Come abbiamo visto nell’articolo del 3 Dicembre, nel 1492 Isabella e Ferdinando inviarono Cristoforo Colombo per maria oceana con lo scopo di giungere ad partes Indie: il suo primo viaggio infatti partì dal porto di Palos il 2 agosto 1492 e si concluse nell’Isola di Guanahaní il 12 ottobre. Dal giorno della Scoperta inizia la grande avventura dell’esplorazione del continente americano in cui l’uomo europeo entrerà in contatto con civiltà che non avevano mai conosciuto né direttamente né indirettamente. Si trattava di popolazioni che, all’occhio di uno spagnolo dell’epoca apparivano da una parte da evangelizzare ma anche da schiavizzare. Non ci scandalizzi la cosa, in quanto non è lecito giudicare il tempo passato con gli occhi del presente: all’epoca infatti la schiavitù del non-cristiano era ampiamente giustificata grazie alla teoria della schiavitù naturale degli uomini barbari che, teorizzata da Aristotele, venne nel tempo piegata e modificata per giustificare la schiavitù dei non cristiani da parte di cristiani[1]. Leggendo attentamente la storia, tuttavia, possiamo affermare senza ombra di dubbio che, soprattutto per quanto riguarda la Spagna[2], tra i cosiddetti popoli precolombiani non incontriamo popoli schiavi bensì sudditi del Re di Spagna che, anzi, godevano di protezione diretta da parte del Sovrano esercitata, ovviamente, da un Viceré che si trovava in America. Perché avvenne questo e non, invece, ciò che il diritto dell’epoca permetteva? Perché fin da subito la Monarchia spagnola, ed Isabella in primis, si mostrò apertamente contraria alla schiavitù e favorevole invece alla civilizzazione degli indios.

Non possiamo vedere con attenzione ogni aspetto della vicenda che cominciò già nel 1495 e si concluse definitivamente nel 1680[3]: ci limiteremo qui a trattare la vicenda per sommi capi facendo riferimento a casi particolari che sono stati alla base degli eventi successivi.

Colombo stesso non era esente dalla mentalità schiavistica dell’epoca, tant’è che il 2 Febbraio 1495 inviò 500 indios de La Española (considerati da lui schiavi di buona guerra) per essere venduti nei mercati di schiavi dell’Andalusía: Isabella e Ferdinando il 12 Aprile autorizzarono la vendita[4] ma il 16 (solamente dopo 4 giorni) la sospesero «poiché Noi vogliamo sapere da letterati, teologi e canonisti se con buona coscienze siano vendibili questi schiavi da parte di voi solo»[5] rinunciando anche a riscuotere il denaro delle vendite già compiute. Che cosa era successo in quei quattro giorni? Ufficialmente non sappiamo nulla al riguardo ma, con ogni probabilità, Isabella e Ferdinando vennero assaliti da scrupoli di coscienza che si rifletteranno nelle loro future scelte. Ci tengo a sottolineare che non si tratta di una visione pietistica di questo documento bensì la lettura corretta del testo: è incontrovertibile infatti, il fatto che i Monarchi usano le espressioni «con buona coscienza» e non altre di natura politica o economica. Un ulteriore evento del 1499 ci viene in aiuto per capire lo stato d’animo di Isabella dinanzi a queste “spedizioni” che Colombo organizzava dall’America. In quell’anno infatti, l’ammiraglio inviò nuovamente in Spagna circa 300 schiavi, regalandone uno a ciascun membro dell’equipaggio: quando Isabella seppe la notizia «si infuriò molto dicendo queste parole: “che potere [simile al mio] ha l’Ammiraglio di dare a chicchessia i miei vassalli?” ed altre simili»[6], ordinando in seguito che le fossero consegnati gli schiavi.

In pratica, Isabella e Ferdinando spostarono (probabilmente per la prima volta nella storia) il problema della schiavitù del non-cristiano dall’ambito politico-economico a quello morale: si è trattata di una vera e propria rivoluzione culturale che ancora oggi è difficile da comprendere appieno. Il loro agire non si limitò alla semplice istituzione di una commissione ma comportò anche il censimento degli indios in questione ed il loro rimpatrio in America (come accadde ad esempio nel 1500)[7] ed una cura particolare delle loro condizioni di vita.

Si apre qui un aspetto della Scoperta dell’America poco conosciuto e spesso ignorato di proposito: Isabella si occupò infatti della creazione e dell’organizzazione dei territori scoperti sia nel 1501 «volendo compiere il servizio di Dio e nostro, e l’amministrazione della nostra giustizia, e la pace, la tranquillità e il buon governo di queste isole e terra ferma»[8] sia nel 1503[9] con una Real Instrucción che, se letta attentamente, lascia meravigliati per quello che ordinava. In questa Ordinanza infatti la Regina ordina di creare dei pueblos di indios con una chiesa e un funzionario giudiziario per radicare l’istituto naturale della famiglia, consigliando anche matrimoni misti tra spagnoli ed indios; i funzionari devono compiere un censimento generale della popolazione e devono sovrintendere al comportamento degli indios, insegnando loro a coprirsi e a vestirsi. Isabella stabilì, inoltre, che in ogni villaggio si erigesse una chiesa con annessa una scuola come anche ospedali: entrambe le istituzioni devono essere aperte a tutta la popolazione, agli indios come agli spagnoli. La regina interviene anche in problemi interni alla popolazione indigena ma, contemporaneamente, critica il comportamento sia pubblico che privato degli spagnoli poiché tale condotta non produce né le conversioni né la pace da lei auspicate. Nello stesso documento, inoltre, sono presenti le primissime leggi che istituiscono e regolano la Casa de Contratación e il lavoro degli indios nelle piantagioni o nelle miniere (obbligando gli spagnoli a trattarli bene senza negare i diritti elementari degli indios, come il cibo).

È innegabile che le ordinanze di Isabella vennero in gran parte disattese dai suoi funzionari e dai coloni tanto che, in un’ulteriore carta del 20 dicembre 1503[10], Isabella stessa deplorò il fatto ampliando maggiormente il progetto iniziale ed obbligando a dare la giusta paga, giornaliera, ai lavoratori autoctoni facendo «in modo che gli indios siano trattati bene, e quelli che sono cristiani meglio degli altri» ricordando inoltre al Governatore: «che non consentiate né permettiate che ci sia occasione perché qualcuno gli possa far del male, o danno o altre barbarie»[11].

È importante conoscere questi documenti, benché ci possano sembrare solamente un lungo elenco di leggi mai applicate, perché ci permettono di capire meglio sia le intenzioni di Isabella sia quelle dei suoi successori: portare cioè la fede cristiana e la cultura europea in America per poter far diventare le popolazioni locali quello che sono oggi. I documenti infatti sono fondamentali per qualsiasi seria ricerca storica e, in pratica, il documento è lo specchio fedele di quanto sta accadendo in un determinato momento. Quelli che abbiamo citati poi sono ancora più importanti perché si tratta di leggi le quali hanno sempre un carattere pedagogico e culturale. Per capire appieno che cosa è stato realizzato in Spagna sotto Isabella e Ferdinando (e i loro successori), soprattutto nei confronti degli indios, dobbiamo leggere la legislazione di quegli anni come cartina al tornasole di una società che stava abbandonando vecchi modelli (giuridici e culturali) in favore di un nuovo modo di intendere l’uomo: tutte le leggi sopra nominate, cioè, devono essere usate come termine di paragone con altri Paesi e con altri modelli giuridici dell’epoca.

Solamente questa analisi, quindi, ci potrà portare a formulare un giudizio complessivo dell’opera che la Corona spagnola volle condurre in America non dimenticando però che le leggi hanno un valore per così dire “teorico” e devono essere tradotte in pratica: pur essendo coercitive, infatti, l’uomo può liberamente (ma non legittimamente) non applicarle o contraddirle[12]. Un conto, infatti, è definire (e quindi sanzionare) un reato, un conto è far applicare la legge. Legittimità e libertà, infatti, non vanno di pari passo né sono la stessa cosa poiché l’uomo può liberamente delinquere e porsi fuori dalla legge in maniera illegittima. Dobbiamo considerare inoltre altri due fattori fondamentali per l’applicazione della legge: la distanza geografica e la difficoltà (se non la quasi impossibilità a volte) di sanzionare i colpevoli in un mondo in cui non esistevano telefoni cellulari, mappe satellitari e tutte le altre innovazioni tecnologiche in nostro possesso[13]: come e quando si può sapere in Spagna, in un’epoca in cui non esistono né sms né tv satellitari, ciò che in America sta succedendo? La risposta è molto semplice: le notizie arrivavano filtrate dalle relazioni e dalle denuncie ma dovevano percorrere l’Oceano Atlantico in vari mesi di navigazione. La risoluzione del problema era affidata ad un’ordinanza che doveva essere applicata, sempre mesi dopo e sempre dopo aver percorso l’Oceano Atlantico, da un pugno di fedelissimi alla Corona.

E’ doveroso pertanto ribadire con forza questo principio: le leggi ci furono; i problemi vennero affrontati ma, ovviamente, era tutto rimesso alla piena osservanza ed alla piena accettazione degli ordini da parte di pochi uomini che, date le circostanze, potevano anche fare il bello e il cattivo tempo senza che nessuno lo sapesse. Nei pochi casi in cui le leggi non ci furono o i problemi non vennero affrontati con forza da parte dell’autorità, viceversa, dobbiamo denunciare la cosa senza porci nessun problema o scrupolo di coscienza. Come abbiamo già detto nell’articolo del 3 Dicembre, infatti, non abbiamo bisogno di una Leggenda Rosa: abbiamo bisogno della verità storica, che è una cosa completamente differente.

Per concludere: l’opera di Isabella e Ferdinando, continuata nel corso degli anni dai suoi successori, produsse ciò che l’uomo europeo del 1492 non poteva nemmeno immaginare: la creazione di un mondo, di una Nueva España o di una Magna Europa benedetta il 9 dicembre 1531 dall’apparizione sul Tepeyac (nei dintorni di Città del Messico) della Virgen Morena de Guadalupe che, presentandosi come una meticcia ed indossando una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, è il sigillo ad un caso di un’inculturazione ed una civilizzazione che, per quanti errori abbia potuto commettere si deve ammettere che ha del miracoloso.


[1] Cfr. E. González Fernández, Humanismo frente a esclavitud en América durante el Cuatrocientos, in «Mar Oceana Revista del Humanismo Español e Iberoamericano», III, 1999, pp. 65-78; A. Rumeu de Armas, La politica indigenista de Isabel la Católica, cit.; M. Hernández Sánchez-Barba, Conciencia moral y dominio soberano: Isabel la Católica y la dignidad del súbdito americano, in «Mar Oceana Revista del Humanismo Español e Iberoamericano», IX, 2001, pp. 25-36.

[2] Il caso degli schiavi negri si situa all’interno di questa dottrina essendo originari dell’Africa erano ritenuti islamici e, quindi, appartenevano alla categoria degli infedeli che non godevano di piena cittadinanza, giacché questa era data solamente dall’essere cattolico (cioè dall’essere battezzato). Si può discutere questa teoria, e possiamo giustamente segnalare l’errore nell’attribuire a tutti gli abitanti dell’Africa l’appartenenza all’islamismo, ma possiamo farlo solamente con i nostri occhi di uomini del XXI secolo che hanno conosciuto anche le aberrazioni del ‘900 in cui vennero privati della dignità di persona interi popoli all’interno di logiche politico-culturali di matrice totalitaria. Per un uomo del XV-XVIII secolo, invece, era abbastanza comune credere in queste idee tanto da metterle in pratica. E’ bene specificare tuttavia che la voce della Chiesa si è sempre levata contro la schiavitù, in virtù sia dell’universalità della Redenzione di Cristo sia per la dignità propria di ciascun uomo in quanto persona. Nella maggior parte dei casi, per quanto riguarda l’America latina (governata cioè da Paesi cattolici) la schiavitù venne applicata con sotterfugi o andando sempre contro la legge vigente, apertamente non schiavistica.

[3] E’ l’anno in cui si giunse alla sintesi definitiva di tutta la legislazione sugli indios. In quell’anno infatti venne redatto da Sólorzano Pereira e Antonio de León Pinelo la Recopilación de Leyes de los Reynos de las Indias, diviso in 9 libri e che contiene 6385 leggi: come dice lo stesso titolo si trattò della raccolta sistematica ed organica di tutta la legislazione prodotta sull’America.

[4] Carta de los reyes autorizando en principio la venta como esclavos de los primeros indios arribados a la Metrópoli, Madrid 12 aprile 1495, AGI,PATRONATO,9,R.1, f. 83r.

[5] Carta de los Reyes mandando al obispo de Badajoz retener el producto de la venta de los indios que envió el Almirante, hasta consultar y estar seguros de si podrán o no venderlos, Madrid 16 aprile 1495, AGI,PATRONATO,9,R.1, ff. 85v-86r.

[6] Bartolome de las Casas, Historia de las Indias, Imprenta de Miguel Ginesta, Madrid 1875, p. 474. Traduzione dallo spagnolo mia.

[7] AGI,CONTRATACION,3249, f. 242. Colombo non fu l’unico a dedicarsi a tale tipo di commercio, cui parteciparono anche altri capitani ed esploratori: ad esempio, trasgredendo volontariamente il divieto reale, l’esploratore Cristobal Guerra inviò nuovi schiavi in Castiglia nel 1501. Quando lo seppe, Isabella in persona gli contestò il fatto, gli confiscò i propri beni (per poter pagare il riscatto degli indios ed il loro viaggio di ritorno) e lo fece arrestare: AGI,INDIFERENTE,418,L.1, ff. 70 r-v.
[8] Nombramiento de Fray Nicolás de Ovando por Gobernador de las Islas y Tierra Firme de las Indias, 3/09/1501, AGI,INDIFERENTE,418,L.1, ff. 24r-25r .

[9] AGI,INDIFERENTE,418,L.1, ff. 94 v-98v . Il documento è datato Alcalá de Henares 20 marzo 1501 e Zaragoza 29 marzo 1503: la prima data corrisponde alla firma della Regina mentre la seconda alla firma di Ferdinando che, dunque, ratificò semplicemente il documento. Lo stesso giorno vennero redatte delle ordinanze segrete a Ovando riguardanti aspetti puramente economici e amministrativi: AGI,INDIFERENTE,418,L.1, ff. 98 v-99v .

[10] AGI,INDIFERENTE,418,L.1, ff. 121v-122r .

[11] Lo stesso giorno venne emanata un’ulteriore Cedula per il Governatore Ovando permettendo agli indios che avevano intenzione di farlo di potersi recare in Spagna: se essi infatti erano sudditi come tutti gli altri, perché non avrebbero dovuto avere il permesso di viaggiare liberamente anche per mare?. Cfr. Real Cedula al gobernador Ovando para que puedan venir a España los indios que de su voluntad quisieren hacerlo (o anche Permiso para traer indios a Castilla), AGI,INDIFERENTE,418,L.1,F.120v-121r.).

[12] Si pensi al caso del furto in Italia: pur essendo vietato dalla legge, infatti, nel nostro Paese si compie una media di 1 furto ogni 60 secondi.

[13] La Corona emanava la legge in Castiglia ma l’ambito di applicazione era in America, a migliaia di km di distanza e, per di più, la legge doveva essere applicata da un uomo solo (un governatore) che, al massimo, poteva avere con sé una forza militare nuova (che, cioè, non era mai stata in America) di poche centinaia di uomini, se non di meno. Se il viaggio di andata era andato bene (e quindi i documenti non si erano bagnati, tutto l’equipaggio era rimasto in buona salute, la nave non era colata a picco, etc) il nuovo funzionario poteva andare alla ricerca del colpevole dei crimini. Ma, ovviamente, doveva trovarlo in un posto che era per i più sconosciuto ed inesplorato.

1 commento:

  1. Bell'articolo, ma vorrei un chiarimento su una questione su cui rimugino da un po' di tempo:l'evangelizzazione degli Indios da un punto di vista cattolico è doverosa e ammirevole, soprattutto se portata avanti dallo Stato, però da un punto di vista non cattolico e non-religioso è vista come un imposizione da parte degli europei dei propri usi, costumi e Credo facendo scomparire quello che era il bagaglio culturale originario di quei popoli. Come rispondere a questo senza scadere nel "erano altri tempi" (per sintetizzare il fatto che noi viviamo nel XXI secolo e loro nel XV) che mi sembra un po' semplicistica come spiegazione?

    RispondiElimina