E’ sbagliato praticare lo Yoga?
Ho
bisogno di sapere quale grado di pericolosità ha per un cristiano la pratica dello
Yoga. In cosa può compromettermi dall’essere cristiano? Lei sa che questa
pratica si offre liberamente in parrocchie, scuole, etc. Ed inoltre sono
raccomandate da sacerdoti cattolici (per esempio, Padre Antony de Mello e Padre
Ignazio Larrañaga), che promuovono esercizi di Yoga per entrare in preghiera
con Dio? Cosa mi può consigliare?
La
saluto in Cristo Gesù.
Stimato amico:
Certo che sono
cosciente della diffusione della pratica dello yoga in ambienti cattolici. Anche
se ho comunque serie riserve al riguardo. Di seguito le spiegherò il perché.
1. Cos’è lo Yoga

«Le tecniche dello yoga consistono
nel sopprimere gli stati di coscienza, calmare le vibrazioni mentali e rimpiazzarle
con un’esperienza intuitiva, extra-razionale»[2].
Per questo, lo yoga deve passare
attraverso otto tappe che segnalo perché sono importanti per fare un giudizio
morale[3]:
1º Il freno di se stessi (yama), che implica la disciplina delle
emozioni e delle passioni, un vivere semplice, laborioso, onesto, morigerato,
etc.
2º Il freno della mente (niyama), ottenuto attraverso un
opportuno regime di lavaggi interni, cercando la purificazione fisica (senza
questo non potrebbe sopportare i difficili esercizi degli stadi seguenti).
3º Le posture ed attitudini (âsana e mudrâ) che sono molto numerose (alcune conosciute come quella «del
loto», nella quale si è soliti raffigurare Budda; quella «dell’albero», nella
quale ci si sostiene con un solo piede, avendo l’altro appoggiato con la pianta
sull’interiore della coscia; quella «del sostenersi sulla testa»; etc.). Molti
credono erroneamente che tutto lo yoga si reduce a questo, cioè, fanno di esso
un metodo di ginnastica.
4º Gli esercizi di respirazione
(prânâyâma) con le loro tre tappe (inspirazione,
respirazione e arresto del respiro per un tempo determinato).
5º l’astrarre i sensi dal mondo
esteriore (pratyâhâra).
6º La concentrazione della mente
(dhâranâ) che permettono di mantenere
la mente fissa su di un determinato argomento, senza possibilità di distrazione.
7º Controllo della volontà (dhyâna). E’ uno stato di totale
alienamento da ogni sensazione, di calma interiore senza alcun pensiero.
8º L’estasi (samâdhi) o isolamento del vero Io dagli
illusori veli dell’apparenza (mâyâ). Punta
alla conoscenza del vero Io mediante l’estinzione dell’individualità attraverso
una straordinaria concentrazione di pensiero.
Si è soliti dire che queste
tappe sono accompagnate da poteri straordinari e da conoscenze sovrumane che
corrisponderebbero al contatto dello yogui con la «Verità»; o almeno si possono
manifestare poteri telepatici o fenomeni simili.
2. Problemi medici
Come si vede per quello che è
stato detto prima lo Yoga mescola principi dell’ordine filosofico e religioso
con elementi fisici (posture, metodi di rilassamento, di concentrazione, etc.).
E’ possibile separare la metodologia di autodominio corporale dai suoi principi
filosofici? In una certa misura è innegabile. Supponendo che una persona usa lo
yoga solo come esercizio fisico e di meditazione, può questo comprometterlo? Come
scriveva Carlo Rizzo (che è stato docente nella cattedra di Malattie Nervose e
Mentali all’Università di Roma negli anni sessanta) per realizzare adeguatamente
il metodo fisico che lo yoga insegna nei suoi primi stadi è necessario essere
giovane ed inoltre essere esenti da malattie cardio-respiratorie o pleuro-polmonari,
altrimenti alcuni esercizi non potranno essere compiuti con la necessaria
intensità e perseveranza, risultando dannosi per l’organismo dell’apprendista. Ma,
soprattutto, questo medico aveva importanti riserve dal punto di vista
psichiatrico rispetto agli ultimi stadi yogici, per quanto tali esperimenti di
autodominio avrebbero potuto favorire – in individui giovani, immaturi o costituzionalmente
provvisti di un sistema nervoso poco solido – la comparsa di manifestazioni psicopatologiche
(di tipo isterico o psicastenico)[4].
In quanto a coloro che si
limitano ad usare dello yoga quello che si prescrive per la terza o quarta
tappa, si deve solo dire che si tratta di un comportamento superficiale che non
può essere considerato propriamente yoga.
3. Problemi filosofici e
teologici
Si devono segnalare alcuni dubbi
totalmente giustificati imposti dall’uso dello yoga da parte di un cristiano.
1) Innanzitutto, «nelle idee e
tecniche dello yoga nelle sue varie scuole e forme, insieme a elementi naturali
(affermazioni o pratiche che possono essere utili per il dominio di sé o per la
preghiera), si trovano elementi che difficilmente si possono considerare validi,
neanche naturalmente (per esempio, la tendenza al panteismo, la dissoluzione della
persona e dell’attività personale come meta ideale della “mistica”, spiegazioni
confuse ed equivoche sulla natura umana e sulle sue relazioni con il resto della
realtà, sottovalutazione di aspetti di questo mondo, etc.)»[5].
E’ certo che si possono separare
gli esercizi fisici e psichici dello yoga dalle idee di fondo del pensiero
yoga. Ma questo non è sempre facile da fare, e si deve specialmente avere in
conto che la maggioranza degli autori che divulgano le pratiche di yoga partecipano
anche alle idee erronee che vi stanno sotto.
2) Se non è immorale, è almeno
senza dubbio molto pericoloso ricorrere alla tecnica yoga per acquisire (credendo
di conseguire in questo modo) qualche potere mentale come la telepatia o alcuni
dei fenomeni relazionati. Questo è giocare col fuoco ed esporsi allo svegliare qualche
tendenza isterica o paranoica.
3) Che dire dell’uso delle
tecniche di yoga come aiuti per la preghiera cristiana? Mi sembra che il
possibile uso erroneo di queste tecniche (come di qualsiasi altra ispirata
dalle mode orientalizzanti) rimane sufficientemente avvertita nella Lettera
della Congregazione per la Dottrina la Fede, riguardo a «alcuni aspetti della
meditazione cristiana». Questo documento risponde al valore che possano avere per i cristiani forme di meditazione o metodi
orientali. In una nota chiarisce che «Con l’espressione “metodi orientali” s’intendono
i metodi ispirati nell’Induismo e Buddismo, come lo “Zen”, la “meditazione
trascendentale” o lo “Yoga”. Si tratta, quindi, di metodi di meditazione dell’Estremo
Oriente non cristiani che, non poche volte oggi giorno, sono utilizzati anche
da alcuni cristiani nella loro meditazione»[6].
Tra le altre cose, il Documento ripassa
brevemente la storia dei metodi erronei di preghiera che dai primi secoli cercano
di prendere piede nella spiritualità cristiana[7]:
«Già nei primi secoli s’insinuarono nella Chiesa modi erronei di preghiera, dei
quali si trovano tracce in alcuni testi del Nuovo Testamento (cfr. 1 Gv 4, 3; 1
Tm 1, 3-7 y 4, 3-4). Poco dopo, appaiono due deviazioni fondamentali delle
quali si occuparono i Padri della Chiesa: la pseudo-gnosi ed il mesalianesimo. Da
questa primitiva esperienza cristiana e dall’atteggiamento dei Padri si può
imparare molto per affrontare la problematica contemporanea».
Per prima menziona la gnosi
spuria: «Contro la deviazione della pseudo-gnosi[8], i Padri affermano che la materia è stata
creata da Dio e, come tale, non è cattiva. Inoltre sostengono che la grazia, il
cui principio è sempre lo Spirito Santo, non è un bene proprio dell’anima, ma
deve implorarsi a Dio come dono. Per questo, l’illuminazione o conoscenza
superiore dello Spirito –«gnosi»– non rende superflua la fede cristiana. Infine,
per i Padri, il segno autentico di una conoscenza superiore, frutto della
preghiera, è sempre l’amore cristiano».
La seconda deviazione è il mesalianesimo:
«I falsi cristiani del secolo IV identificavano la grazia dello Spirito Santo
con l’esperienza psicologica della sua presenza nell’anima. Contro di essi i
Padri hanno insistito che l’unione dell’anima che prega Dio ha luogo nel
mistero; in particolare, per mezzo dei sacramenti della Chiesa. Questa unione
si può realizzare anche attraverso esperienze di afflizione e perfino di
desolazione. Contrariamente all’opinione dei messaliani, queste non sono necessariamente
un segno dell’abbandono dell’anima da parte dello Spirito. Come sempre hanno
riconosciuto i maestri spirituali, possono essere al contrario una partecipazione
autentica dello stato di abbandono di Nostro Signore nella Croce, il quale
rimane sempre come Modello e Mediatore della preghiera».
Oggi nuovamente riappaiono: «Forme
erronee, che risorgono sporadicamente lungo la storia a margine della preghiera
della Chiesa, sembrano oggi impressionare nuovamente molti cristiani, che si
dedicano ad esse come rimedio –psicologico o spirituale– e come rapido
procedimento per trovare Dio».
Guardando, quindi, l’espansione
della moda orientalista nei nostri giorni, continua: «Con l’attuale diffusione
dei metodi orientali di meditazione nel mondo cristiano e nelle comunità
ecclesiastiche, ci troviamo di fronte ad un acuto rinnovamento del tentativo, non
esente da rischi ed errori, di fondere la meditazione cristiana con quella non
cristiana. Le proposte in questo senso sono numerose e più o meno radicali: alcune
utilizzano metodi orientali con l’unico fine di raggiungere la preparazione
psicofisica per una contemplazione realmente cristiana; altre vanno più in là e
cercano di originare, con diverse tecniche, esperienze spirituali analoghe a
quelle che si menzionano negli scritti di certi mistici cattolici; altre
addirittura non hanno paura di collocare quell’assoluto senza immagini e
concetti, proprio della teoria buddista, nello stesso piano della maestà di Dio,
rivelata in Cristo, che si eleva in cima alla realtà finita. Per il fine, si
servono di una «teologia negativa» che supera qualsiasi affermazione che abbia
qualche contenuto su Dio, negando che le cose del mondo possano essere un segno
che rimando all’infinitezza di Dio. Per questo, propongono di abbandonare non
solo la meditazione delle opere salvifiche che il Dio dell’Antica e Nuova
Alleanza ha realizzato nella storia, ma anche della stessa idea di Dio, Uno e
Trino, che è Amore, in favore di un’immersione «nell’abisso indeterminato della
divinità». Queste proposte o altre
analoghe di armonizzazione tra meditazione cristiana e tecniche orientali dovranno
essere continuamente vagliate con un attento discernimento di contenuti e di
metodo, per evitare la caduta in un pericoloso sincretismo».
Purtroppo molti autori cattolici
sono rimasti affascinati dalla moda orientale e pretendendo di utilizzare solo
la metodologia orientale hanno finito con l’assimilare anche i loro principi
filosofici erronei. Un esempio sufficiente è il gesuita Anthony de Mello, la
cui opera è stata oggetto di una «Notificazione della Sacra Congregazione per
la Dottrina della Fede», datata 24 giugno 1998. Quest’autore, dice il suddetto
documento «sostituisce la rivelazione avvenuta in Cristo con un’intenzione di
Dio senza forma né immagini, fino a giungere di parlare di Dio come di un puro
vuoto». La Congregazione per la Dottrina della Fede ha segnalato che queste «posizioni...
sono incompatibili con la fede cattolica e possono causare un grave danno».
@ @ @
Che dire a chi si considera
capace di astrarre i meccanismi fisici di rilassamento e concentrazione da
tutto l’insieme di elementi equivoci filosofici, religiosi e morali che sono
dietro l’autentico yoga, in ordine ad usarli solamente come aiuti del suo
metodo di studio o di preghiera? Si deve dir loro che la morale non può mettere
più obiezioni che quelle sopra indicate; ma l’esperienza dimostra che, in
pratica, quelli che sono capaci di non rimanere invischiati nel pensiero pseudo-orientalista
sono meno di quelli che si avventurano in esso.
Bibliografia per
approfondire:
Delahoutre,
Michel, Yoga, in: Diccionario de las religiones, Herder,
Barcelona 1987, 1845-1847.
Congregazione
per la Dottrina della Fede, Lettera
su alcuni aspetti della meditazione cristiana, 1989.
Roger Rivière, J., Yoga, G.E.R., tomo 23,
802-803.
Rizzo, Carlo, El Yoga, en: AA.VV., Cien problemas de conciencia, Diffusione,
Buenos Aires 1962 (ha importanti osservazioni mediche).
Autore: P. Miguel Angel Fuentes,
IVE
Traduzione: Nicola Vincentini
[1] Cf. J. Roger Rivière, Yoga, nella Grande Enciclopedia Rialp, t. 23, pp. 802-803.
[2] Cf. J. Roger Rivière, p. 803.
[3] Cf. Carlo Rizzo, El Yoga,
en: AA.VV., Cien problemas de conciencia,
Diffusione, Bs.As. 1962, pp. 305-317.
[4] Cf. Carlo Rizzo, loc. cit., pp. 313-314.
[5] Cf. J. Roger Rivière, p. 802.
[6] Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera su alcuni aspetti della meditazione
cristiana, 1989, Introduzione, nota 1.
[7] Ibid., n. 8-12;
[8] La pseudo-gnosi considerava la materia come
qualcosa di impuro, degradato, che avvolgeva l’anima in un’ignoranza dalla
quale doveva liberarsi attraverso la preghiera; in questo modo, l’anima si
elevava alla vera conoscenza superiore e, pertanto, alla purezza. Certamente,
non tutti potranno raggiungerla, ma solo gli uomini veramente spirituali; per i
semplici credenti bastavano la fede e l’osservanza dei comandamenti di Cristo.