giovedì 28 febbraio 2013


Le due vie


Sii padrone della tua volontà
e soggetto alla tua coscienza.
(M. v. Ebner Eschenbach).

                Conosci la storia di Ercole, l’eroe della mitologia greca? Egli è il campione ideale della forza umana e del coraggio. La sua vita è una serie di eroismi. 

Era ancor nella culla e il suo nemico cercò di togliergli la vita, mettendogli due serpenti vicino; ma il forte fanciullo uccise le bestie che lo insidiavano. Egli vinse il dragone di Lerna dalle molte teste, incatenò il toro di Creta, sconfisse le Amazzoni, pulì la stalla di Augia e s'impadronì della mela d'oro delle Esperidi...; ebbene, questo eroe leggendario si trovò un giorno imbarazzato dinanzi ad una grave decisione.


Non era più un bambino, ma ormai un giovane vigoroso. Stava tutto pensieroso, quando d'improvviso gli apparvero due figure di donna:


“Vedo, Ercole ”- disse la prima - “che stai riflettendo sulla via da scegliere nella vita. Se tu prendi me, per tua amica, io ti condurrò per una via fiorita, dove ti sorriderà il piacere ed eviterai ogni difficoltà. Tuo unico pensiero sarà il mangiare, il bere, ed ogni altra soddisfazione dei sensi. Sii dunque mio seguace...”.
“Donna” - esclamò Ercole -“qual è il tuo nome?”
“I miei amici mi chiamano felicità. I nemici peccato” - rispose la visione.
              
Allora gli si avvicinò l’altra donna.
“Io non ti voglio ingannare” - cominciò ella - “ti dico chiaramente, che gli dei hanno unito ad ogni opera grande e buona il sudore ed il duro lavoro. Se tu mi segui, dovrai faticare. Vuoi che tutta la Grecia lodi le tue virtù? Sforzati di far del bene a tutta la Grecia. Vuoi che il tuo campo produca frutta bella e in abbondanza? Lavoralo assiduamente. Vuoi conseguire allori nella lotta? Addestrati alla scuola dei celebri maestri della scherma. Vuoi temprarti fisicamente e divenire forte come l’acciaio? Sottoponi il tuo corpo alla ragione ed abituati alla fatica ed al lavoro...”.

A questo punto essa fu interrotta dal “Peccato”:
“Senti, senti, Ercole, per quale aspra via vuol condurti questa donna!... Io invece ti condurrò danzando lungo la via del piacere”.

“Misera” - esclamò la Virtù - “cosa puoi dare tu di buono? Dì un po’, possiedi tu un sol briciolo di felicità?... Tu nulla fai per procurarla. Tu mangi e bevi senza averne bisogno; d'estate tu brami il ghiaccio e la neve. Tu pensi sempre al sonno, non perché tu sia stanca del lavoro, ma perché sei annoiata del tuo far nulla. Tu ecciti i tuoi seguaci ad amoreggiare prima del tempo. Tu spingi i poveri giovani immaturi, all'abuso delle loro più segrete energie, a far del male a loro stessi. Immortale tu sei, o vizio; ma gli dei ti hanno espulso dalla loro compagnia e gli uomini nobili ti disprezzano. I tuoi amici più giovani si rovinano fisicamente, ed i più vecchi sono immersi nelle tenebre dell’imbecillità... Nella loro giovinezza si sono rotolati fino all'eccesso nel fango del piacere impuro, ed ora, nei giorni della loro vecchiaia, trascinano il loro corpo infermo, lamentandosi; si vergognano delle loro azioni passate e sulle loro spalle pesa la stanchezza delle loro dissolutezze...Io invece occupo un posto d’onore presso gli dei e sto in compagnia degli uomini migliori. Senza di me niente di nobile si compie sulla terra. Gli artisti mi amano e vedono in me l’aiuto; i padri di famiglia mi considerano l’angelo protettore della loro casa. Gradevole è ai miei amici il cibo e la bevanda perché ne prendono soltanto quando ne hanno bisogno. Il sonno è molto più dolce per loro che non per i fannulloni, eppure non tralasciano nessun dovere per amore di esso. Sono stimati dagli amici, sono colmi d'onore, e quando l’ultima ora, destinata dalla sorte, suona per essi, non scompaiono nell’oscurità dell’oblio, ma la loro memoria continua a vivere gloriosamente nella posterità...”.

Tihamer Toth, Giovinezza pura

lunedì 25 febbraio 2013


Celebrità che raccontano le loro storie per lottare contro l’aborto

Jack Nicholson, Andrea Bocelli, Justin Bieber e Martin Sheen sono alcune delle figure del mondo dello spettacolo che resero pubbliche le esperienze delle loro famiglie per trasmettere un messaggio contro questa pratica.



'Famosi', 'celebrità', 'personalità', 'figure', 'personaggi'. Esistono molte espressioni per far riferimento a quelle persone famose che appaiono sempre, o molto spesso, nei mezzi di comunicazione globali. I motivi per i quali si lasciano vedere sulle copertine delle riviste o prendono parte ai programmi televisivi variano, ma sogliono avere relazione con la loro carriera. Senza dubbio, in queste occasioni, attori, cantanti e i vari artisti approfittano per la loro fama a raccontare storie personali, a volte molto intime, e diffondere messaggi che manifestano il loro pensiero. In questo caso, il rifiuto all'aborto.

Forse il tenore italiano Andrea Bocelli fu colui che si è manifestato nella forma più emotiva. Attraverso il suo canale espressivo più caratteristico, la musica, raccontò con mistero la storia di una donna che era rimasta incinta e che ebbe il suo bambino, nonostante le raccomandazioni dei medici che la assistevano. Con un sorriso buono e con le mani sulla tastiera di un piano a coda, ricordò che le suggerirono di abortire perché il bambino sarebbe nato con handicap. "Questa valorosa giovane sposa decise di non abortire, e il bambino nacque. Questa donna era mia madre, e il ero il bambino", rivelò. E aggiunse: "Forse sto prendendo una postura di parte, ma posso dire che la decisione è stata la giusta".
Dall’altra parte del mondo musicale e abbastanza più giovane, anche il cantante canadese Justin Bieber si è mostrato contro l’aborto, pur facendolo in un modo più tradizionale e diretto. "Realmente non credo nell’aborto. Credo che l’embrione sia un essere umano. È come uccidere un bambino", disse l’anno scorso nella rivista Rolling Stone, quando la sua intervista andò in copertina.

Dall’ambiente degli attori, uno dei quali si qualificò come "pro-life" (espressione inglese che significa “a favore della vita”) è Martin Sheen. Nel 1987, durante un’intervista con il famoso giornalista irlandese Gay Birn nello show "Meaning of life", Sheen raccontò che sua moglie fu il frutto di uno stupro. Seppur non scese in particolari, spiegò che dopo la sua nascita, sua madre aveva pensato di gettarla nel fiume. E ricordò che quando i suoi figli si ressero conto che stavano per diventare genitori, lui e sua moglie gli incoraggiarono affinché portassero avanti le gravidanze: "All’inizio non erano contenti, ma li appoggiamo. Adesso abbiamo tre nipoti, due di essi sposati; loro sono una delle più grandi fonti d’allegria della nostra vita", osservò.
Anche l’attore Jack Nicholson si è appoggiato nella sua esperienza familiare per argomentare la sua posizione. Sua madre, che restò incinta quando era un’adolescente, nel 1937, dovette affrontare la decisione di abortire e optò per tenere suo figlio. "Sono contro l’aborto. Non ho il diritto ad avere qualsiasi altro punto di vista. La mia unica emozione è la gratitudine, letteralmente, per la mia vita”.


Fonte: http://www.lanacion.com.ar/1553364-celebridades-que-cuentan-sus-historias-para-luchar-contra-el-aborto
Traduzione: Sem. Francesco Lucarelli, IVE

lunedì 18 febbraio 2013


La distruzione della vita: l’aborto
(Parte II)



Gravità morale dell’aborto

L’aborto è una forma particolare di omicidio, aggravato da numerose circostanze:

-Primo, per il soggetto assassinato, cioè, per la condizione  indifesa del nascituro e per la privazione dei beni soprannaturali del Battesimo: è “quanto di più innocente in assoluto si possa immaginare: mai potrebbe essere considerato un aggressore, meno che mai un ingiusto aggressore! È debole, inerme, al punto di essere privo anche di quella minima forma di difesa che è costituita dalla forza implorante dei gemiti e del pianto del neonato. È totalmente affidato alla protezione e alle cure di colei che lo porta in grembo” (Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, 58.)

-In secondo luogo, per il responsabile principale, che è la madre stessa, sola o insieme al padre del bambino.

-In terzo luogo, per l’esecutore principale ed i suoi collaboratori, che sono le persone che hanno per vocazione e professione la difesa della vita: medici e infermieri.



Sacralità della vita umana

Trasmettere vita umana, cioè, avere il potere di dare la vita ad un uomo, è frutto di un’alleanza tra Dio e i genitori che generano. Il risultato dell’azione di Dio e dei genitori è unico e lo stesso: il figlio che si genera. Dio inoltre ha permesso che i primi giorni dell’essere umano si sviluppino nel seno materno per proteggere la sua vita. È una realtà molto triste vedere come questo grande dono conferito alle mamme è considerato oggi da molte persone come un diritto a decidere sulla vita di un essere totalmente indifeso ed innocente.   

Sempre dovremmo tener presenti le parole pronunciate da Madre Teresa di Calcutta alla conferenza di Il Cairo nell’anno 1994: “Vi parlo dal profondo del cuore, parlo ad ogni uomo in tutti i paesi del mondo . . . alle madri, ai padri e ai figli nelle città, nelle cittadine e nei villaggi. Ognuno di noi oggi è qui grazie all’amore di Dio che ci ha creati, e ai nostri genitori, che ci hanno accolti e hanno voluto darci la vita. La vita è il più grande dono di Dio. E’ per questo che è penoso vedere cosa accade oggi in tante parti del mondo: la vita viene deliberatamente distrutta dalla guerra, dalla violenza, all’aborto. E noi siamo stati creati da Dio per cose più grandi: amare ed essere amati. Ho spesso affermato, e io ne sono sicura, che il più grande distruttore di pace nel mondo di oggi è l’aborto. Se una madre può uccidere il suo proprio figlio, che cosa potrà fermare te e me dall’ucciderci reciprocamente? Il solo che ha il diritto di togliere la vita è Colui che l’ha creata. Nessun altro ha quel diritto; né la madre, né il padre, né il dottore, né un’agenzia, né una conferenza, né un governo . . . Mi terrorizza il pensiero di tutti coloro che uccidono la propria coscienza, per poter compiere l’aborto. Dopo la morte ci troveremo faccia a faccia con Dio, Datore della vita. Chi si assumerà la responsabilità davanti a Dio per milioni e milioni di bambini ai quali non è stata data la possibilità di vivere, di amare e di essere amati? . . . Un bambino è il dono più grande per la famiglia. Per la nazione. Non rifiutiamo mai questo dono di Dio”.


Fonti: P.Miguel Angel Fuentes, "Maschio e femmina li creò", EDIVI, 2012.
P. Jorge Loring, "Para Salvarte", JL Ediciones Católicas (traduzione dei testi presi dal libro: Tullia Trevisan)

sabato 16 febbraio 2013


La distruzione della vita: l’aborto
(Parte I)





L’aborto è una delle tragedie più grandi e scandalose del nostro secolo. Secondo calcoli “modesti”, si realizzano più di 60 milioni di aborti chirurgici all’anno, ai quali bisogna sommare i circa 500 milioni calcolati nelle donne che fanno uso di dispositivi intrauterini e pillole abortive. Contando solamente gli aborti chirurgici, si realizzano nel mondo quasi 2 aborti al secondo. È un bagno di sangue per il quale sta passando la nostra civiltà e che invoca il cielo.



Quando inizia la vita umana?

Alla luce del senso comune, della scienza e della fede si può dimostrare che la vita umana incomincia nel momento del concepimento.


“Dal medesimo istante della fecondazione, dal momento in cui la cellula femminile riceve tutta l’informazione che contiene lo spermatozoo, esiste un’ essere umano” (Prof. Jerome Lejeune, Cattedratico di genetica della Sorbona, Parigi).

Questa prima cellula, risultato del concepimento, è già un essere umano. Continua il prof. Lejeune: “L’ovulo fecondato possiede i 46 cromosomi, propri della specie umana. Accettare che dopo il concepimento un nuovo essere umano ha iniziato ad esistere, non è una questione di gusto o opinione, ma un’evidenza sperimentale” poi continua, dicendo: “Se l’embrione non è dal primo momento un membro della nostra specie, non arriverebbe ad esserlo mai”.

Altri testimoni scientifici: Nella fecondazione “i gameti paterno e materno si incontrano, si attivano mutuamente e fondono il materiale genetico che ognuno porta e si “accende” una nuova vita. Nel momento in cui l'ovulo è fecondato  distribuisce in maniera asimmetrica i componenti che contiene, in modo tale che smette di essere una semplice cellula e si converte nel corpo del figlio, nel suo stato più semplice, lo zigote. L’apparizione di uno zigote è la prova della fine del processo di fecondazione e si è concepito un nuovo essere umano. Tutto il nuovo essere è qui con le caratteristiche e potenzialità proprie di chi inizia il suo primo giorno di vita.” (Natalia Lopez Moratalla, cattedratica di Biologia).

Biologicamente non c’è differenza tra uccidere un embrione umano di 24 ore o un bambino di 24 mesi. «L’ uomo intero si trova già nell’ovulo dal momento in cui viene fecondato: tutto l’uomo con le sue potenzialità”(Jean Rostand, biologo francese).

Questo significa che il nuovo essere generato è una persona dal momento del concepimento, e quindi ha tutti i suoi diritti umani, il primo dei quali è il diritto alla vita. Il codice genetico contiene le caratteristiche individuali del nuovo essere. Tutto quello che ogni individuo umano possiede in quanto essere unico, singolare e irripetibile, è già presente nel suo codice genetico. La persona umana nello stato di embrione si trova già con tutte le sue potenzialità, che si svilupperanno durante il suo percorso esistenziale.

La ragione ci dice che l’eliminazione di un embrione fecondato è illecita anche se avessimo dei dubbi sulla presenza di vita umana in una realtà così piccola. Se mi danno un pacchetto dicendomi di gettarlo nel mare poiché dentro c’è un gatto morto, però io sospetto che ci sia un bambino vivo, non posso buttarlo prima di sciogliere il mio dubbio. Se lo faccio senza essere sicuro che in realtà dentro non ci sia un bambino vivo, e dovesse venir fuori che dentro c’è un bambino, sono responsabile di un omicidio.

Nella Sacra Scrittura troviamo come Dio ci ama sin dal momento del nostro concepimento: Il Signore mi ha chiamato fin dal seno materno, ha pronunciato il mio nome fin dal grembo di mia madre (Isaia 49:1). Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre (Sal 139, 13).




Fonti: P.Miguel Angel Fuentes, "Maschio e femmina li creò", EDIVI, 2012.
P. Jorge Loring, "Para Salvarte", JL Ediciones Católicas (traduzione dei testi presi dal libro: Tullia Trevisan)

venerdì 8 febbraio 2013


La coraggiosa storia di Chiara Corbella


La storia di Chiara Corbella Petrillo è un'autentica testimonianza di ciò che è disposto a fare chi ama, perché "la forza dell'amore non misura le possibilità, ignora le frontiere e non si intimidisce di fronte a nessuna difficoltà" S.Pietro Crisologo


Il loro progetto di famiglia Chiara lo esprime così a Enrico: «Ora che io vado di là mi occupo di Maria e Davide; tu che resti di qua cura bene Francesco». È una testimonianza che non s’improvvisa. 

Chiara Corbella aveva 28 anni ed era sposata con Enrico Petrillo. Una coppia normalissima della generazione Wojtyla, cresciuta in parrocchia e a pane e Gmg. Si è spenta mercoledì 13 giugno Chiara nella sua città, Roma, all’età di 28 anni.

Giovanissima, al punto che verrebbe voglia di chiedere perché, di litigare con Dio. Tuttavia la verità è che questa morte giunge a noi come balsamo perché lei ha dato senso alla sua vita. Moglie a 24 anni di Enrico, Chiara quasi subito è rimasta incinta della piccola Maria, una bimba che già dalle prime ecografie mostrava una grave anancefalia. I due giovani sposi rifiutarono l’idea di ricorrere all’aborto terapeutico e scelsero di andare fino in fondo portando alla luce la piccola Maria che per soli trenta minuti ha assaporato la vita prima di morire. «Se avessi abortito – confidò Chiara alcuni mesi dopo – non ricorderei quel giorno come una festa, ma come una giornata da dimenticare».

Con la voglia ancora di sorridere alla vita Enrico e Chiara ci riprovarono. Un’altra gravidanza, un altro bimbo, stavolta maschietto, il piccolo Davide. Tuttavia anche questo figlioletto presentò da subito problemi, stavolta agli arti inferiori e anche malformazioni agli organi. Stessa logica, stessa battaglia. I due andarono avanti e anche stavolta il piccolo si spense dopo poco. Lo sconforto e la sfiducia non piegarono la coppia che non si perse d’animo e continuò a donarsi agli altri in parrocchia, nei ritiri francescani, nei viaggi a Medjugorje.
Nel frattempo giunse la notizia attesa di una nuova gravidanza. Un altro maschio, Francesco. Sembrava non avere problemi e il primo pensiero degli amici, come racconta Maris, una sua amica d’infanzia, era che finalmente Dio stava offrendo la sua ricompensa. E invece ancora una volta Enrico e Chiara nel 2011 sono stati posti davanti ad un’altra croce. La giovane madre infatti al quinto mese ha scoperto di avere un carcinoma alla lingua. Forte come una roccia decide di non sottoporsi alla chemio per non danneggiare la vita di quel piccolo che porta in grembo. Francesco viene alla luce, ma Chiara dopo interventi e cicli terapici ha affidato Francesco alle braccia del suo grande amore Enrico. Prima di andare via ha scritto un messaggio al suo parroco: «Siamo con le lanterne accese ad aspettare lo Sposo».

Resto attonito davanti a questa ragazza mia coetanea di cui ho conosciuto la storia poche ore dopo la sua partenza. Non mi sconvolge tanto la serie di sventure piovutele addosso nel giro di quattro anni, ma la forza, la determinazione di affrontare le sfide della vita e la fede in Dio, unico faro dell’esistenza di Chiara che per tranquillizzare la madre diceva sempre: «Mamma, Lui non mi ha mai abbandonato».
I funerali si sono svolti oggi, alle 10.30 presso la parrocchia Santa Francesca Romana, ma non sono un addio. Di te, Chiara, sentiremo parlare a lungo.

Giuseppe Cutrona

Fonte: http://www.daportasantanna.it/author/giuseppe-cutrona/

mercoledì 6 febbraio 2013


I quattro effetti dell’amore
(parte II)


"Dal frutto si riconosce l'albero", e dai suoi effetti si può distinguere l'amore autentico da quello falso. I due ultimi effetti dell'amore che commenta Fulton Sheen sono quello de l'estasi e lo zelo. Da queste linee si comprende come il cuore dell'uomo è fatto per amare, e come tutto quello che Dio ha disposto nelle nostre vite e per meglio unirci a Lui. 



Il terzo effetto dell' amore è l'estasi, che significa esser «trasportati al di fuori di sé». Grosso modo, poiché l'amore fa convivere l'amante nell'amato, chi ama è già, in un certo senso, trasportato al di fuori di sé.
Quando siamo animati da un grande amore, possiamo resistere a ogni genere di contrarietà
grazie alla qualità dell'amore che ci astrae da ciò che ci circonda. La capanna del marito e della moglie veramente innamorati l'uno dell'altro non è così intimamente monotona come il ricco appartamento del marito e della moglie che hanno cessato di amarsi. Il santo, come Vincenzo de' Paoli, nutre un tale amore per il povero di Dio che si dimentica di prendere cibo.

La differenza tra l'amore degli umani e l’amore di Dio è che nell'amore umano l'estasi si manifesta all'inizio, mentre nell' amore di Dio essa si manifesta in ultima analisi, ossia soltanto dopo aver vissuto molte sofferenze e 1'agonia dell'anima. L'emozione del giovane prete alla sua Prima Messa Solenne, e l'intima estasi della monaca in occasione della sua vestizione, sono «dolciumi» dati dal Signore per stimolarli a elevarsi spiritualmente. Più tardi quanto v'è di dolce svanisce e occorre uno sforzo supremo della volontà per essere in tutto e per tutto come si dovrebbe essere. Così anche per la luna di miele del matrimonio. L'espressione stessa indica che l'amore dapprima è miele, ma poi può essere mutevole come la luna. La prima estasi non è la vera. L'ultima estasi viene solamente dopo le amare esperienze, la fedeltà dopo la tempesta, la perseveranza dopo la mediocrità, e la vocazione del destino Divino dopo che si sia passati attraverso le tentazioni terrene. Il profondo amore estatico di cui godono alcuni genitori cristiani dopo aver esperimentato i loro Calvari è degno di ammirazione. La vera estasi, in realtà, non è quella della prima giovinezza, ma quella della maturità. Nella prima estasi, si cerca di ricevere tutto quanto l'altra parte può dare. Nella seconda, si cerca di dare tutto a Dio.




Lo zelo, quarto effetto dell'amore, è quella speciale passione che ci fa desiderare di spargere e diffondere l'amore che sentiamo, e di escludere tutto ciò che gli ripugna. L'innamorato romantico ricerca quegli amici che siano disposti ad ascoltare gli elogi della persona amata e a cui può mostrarne la fotografia; il Santo, innamorato di Cristo, si fa missionario e si spinge fino a quelle terre dove il nome del Redentore non è stato mai udito, e questo fa affinché altri cuori possano condividere con lui la passione per il Potentissimo Amante.
Le cose in cui difesa saremmo disposti a spendere tutta la nostra energia, o a dare la vita pur di conservarle, sono l'esatta misura del nostro zelo! Movente di tutti i nostri atti è l'amore. Gli argomenti di cui parliamo, le persone che odiamo, gli ideali che perseguiamo, i fatti che ci contrariano, sono altrettante indicazioni dei nostri cuori. Pochi si rendono conto della misura in cui rivelano la loro personalità svelando ciò che più amano: «dell' abbondanza del cuore parla la bocca», e se amiamo ciò che non dovremmo, tutta la nostra vita ne risulterà falsata. Quel che lo zelo è per la religione, la fedeltà e la fecondità lo sono per il matrimonio: ossia la devozione verso la persona cara e la proiezione di quell'amore nella famiglia.
Questo genere di zelo non solo sommerge tutti quei desideri biologici a esso estranei, ma è anche basato sulla consapevolezza che l'altra persona è quella che Dio ha scelta per noi «per il meglio e per il peggio, in ricchezza o in povertà, finché non ci divida la morte».  Ben disse Euripide: «Non ama chi non ama per sempre».

Lo zelo si manifesta spiritualmente nel condurre altre anime a Dio, e fisicamente procreando a Dio altri figli. La fecondità è il naturale effetto dell' amore tra l'albero e la terra, tra il missionario e il pagano, tra il marito e la moglie. L'amore non prospera nella moderazione. Lo zelo è generosità. L'amore che misura i sacrifici da compiere per gli altri tarpa le proprie aspirazioni. Lo zelo non conosce limiti, non dice mai « basta». Nostro Signore disse che i Suoi seguaci, dopo aver fatto quanto dovevano, dovevano ancora considerarsi « servi inutili».

Nel Servizio di Dio e nel matrimonio occorre quindi una generosità che superi di gran lunga i limiti della giustizia. Il vicino di casa che offre di venire ad aiutare per un'ora e ci rimarrà per due; il medico che oltre alle visite professionali «si fermerà un momento a vedere come state»; il marito e la moglie che gareggeranno in amore reciproco; tutti avranno compreso quello ch'è uno degli effetti più belli dell'amore: lo zelo, che tutti rende folli l'uno dell'altro. «Noi siamo folli per amor di Cristo»  (I Cor. 4: 10).

Tratto da “Tre per sposarsi” di Fulton Sheen, cap. III- Che cos’è l’amore.

sabato 2 febbraio 2013

I quattro effetti dell’amore
(parte I)


L’uomo sensuale confonde il piacere con la felicità: la sua ansia di piacere uccide il vero amore. Cosa è il vero amore lo abbiamo trattato nei post sulla “Famiglia e amore puro”

Ora parleremo degli effetti dell’amore prendendo spunto da ciò che insegna il servo di Dio Fulton J. Sheen, che a sua volta fa riferimento agli insegnamenti di San Tommaso d’Aquino. 

Il Dottore Angelico spiega che gli effetti dell'amore sono principalmente quattro: l'unità, la compenetrazione reciproca, l'estasi e lo zelo. Vediamo per ora i due primi.  

Ringraziamo Maria Lucia Bonanni per il suo lavoro di selezione di questo testo.



Qualsiasi amore brama l’unità. Ciò è evidente nel matrimonio, dove si ha l'unità di due esseri in una sola carne. Quando una persona ama una qualche cosa, la vede come il compimento di un desiderio e cerca d'incorporarla a sé, si tratti di vino o della scienza delle stelle. Nell'amicizia, l'altra persona è amata come un altro se stesso, ossia come l'altra metà della propria anima. Il soggetto amante cerca di procurarle gli stessi favori che vorrebbe procurare a se stesso, e d'intensificare in tal modo il vincolo di unione tra lui e la persona amata.
Dato che l'amore crea l'unità, abbiamo spiegato come alcune anime eroiche siano disposte ad assumersi le sofferenze e i peccati degli altri. Una madre affettuosa di fronte al dolore fisico del suo bambino vorrebbe poterselo assumere lei, al fine di liberarne il suo piccolo. Ella sente il dolore come suo, poiché il suo amore l'ha resa una sola cosa col suo bambino. Questo amore animato dal sacrificio raggiunse la sua più alta espressione nell'Orto di Getsemani, dove Cristo s'identificò a tal punto con i peccatori che cominciò a sudare gocce di sangue. Raggiunse la più alta espressione fisica sul Calvario, quando Egli offrì la Sua vita per coloro che amava.

Il cuore umano non potrebbe mai tendere all'unità se in esso non fosse insito un senso fondamentale d'incompletezza che solo Dio può perfettamente colmare. Il senso del vuoto spinge l'uomo a superare le sue deficienze, fin quando egli non divenga definitivamente una cosa sola con ciò che ama. Incidentalmente, poiché l'amore produce l'unità, ne consegue che bisogna badare molto bene alla scelta di ciò con cui si tende in ultima analisi a unificarsi. L'unità con Dio è necessariamente l'amore immortale. Un amore che non conosca un più alto fine della carne condividerà la corruzione della carne.

 L'amore sessuale crea tra l'uomo e la donna una completezza che supera di gran lunga qualsiasi altra unione di ordine sociale o politico. Lo Stato può infrangere mediante il divorzio il legame esteriore tra marito e moglie ma non potrà mai infrangere quel legame interiore che la fusione in una sola carne ha creato. Per giustificare la rottura della loro unione, tali coniugi possono dire: «L'amore mi ha ingannato». La verità è che sono stati loro a ingannare l'amore. E il loro inganno ebbe inizio il giorno in cui scambiarono per amore il «fremito sessuale». In realtà essi non hanno mai amato, perché l'amore non riprende mai ciò che dà, nemmeno nell'infedeltà. Dio non ritira mai il Suo amore, quantunque noi siamo peccatori. Noi possiamo tradire Lui, ma Egli non ci abbandona mai.




La compenetrazione reciproca, il secondo effetto dell'amore, significa letteralmente che nell' amore le due parti s'immedesimano, esistono l'una nell'altra. La passione d'amore non si soddisfa col semplice possesso, ma aspira perfino ad assimilare l'altro essere. Forse non c’è' donna al mondo che tenendo in braccio il suo bambino non abbia detto qualche volta: «Quanto è caro! Lo mangerei». Si cela in queste parole il mistero di quella assimilazione che raggiunge il suo vertice nella Santa Comunione, in cui Dio Incarnato soddisfa il nostro desiderio di adesione completa con la Sua Divinità e Umanità, sotto le specie e l'apparenza del pane. Se l’amore non implicasse inerenza, non si potrebbe spiegare psicologicamente come il male fisico o raffronto arrecato ai nostri cari possa essere sentito come arrecato a noi stessi.
Così, la cosa amata è nell'interno di chi ama. Perché ogni minimo dono diventa un tesoro, perché ogni parola torna sempre alla memoria? Perché ogni scena si colora della visione dell'amato, se non fosse che, in certo modo, non c'è pace senza la completa compenetrazione dell'uno nell'altro? Nessun innamorato si accontenta mai di una conoscenza superficiale della cosa o persona amata. Chi ama la musica non si appaga mai abbastanza delle proprie conoscenze musicali. Chi ama Dio non conosce mai la parola " troppo ". Coloro che accusano gli altri di amar troppo Dio o la religione, in realtà non amano affatto Dio, né conoscono il significato dell' amore. Coloro che sono uniti nell' amore, godono e soffrono delle medesime cose.

La compenetrazione reciproca come secondo effetto dell'amore aggiunge qualcosa all'unione matrimoniale. L'unità della carne diventa allora unità della mente e del cuore. La fusione carnale intermittente esige un altro genere di unità, oltre quella della carne. San Paolo dice che marito e moglie dovrebbero reciprocamente comportarsi “come se fossero sposati nel Signore" ossia come se fossero consci della loro vocazione di formare una sola cosa in Cristo. Così anche scrisse Elizabeth Barrett Browning: «Due amori umani formano un amore divino». Quell' amore che è tenuto insieme soltanto dalla carne è fragile come la carne, ma l'amore che è tenuto insieme da una vera unione spirituale ed è basato su un amore di un destino comune è veramente quello che dura «fin quando non ci divida la morte». Non basta condividere le stesse parole e gli stessi godimenti; bisogna condividere anche gli stessi silenzi. «E Maria fece tesoro di tutte queste parole, conferendole insieme nel suo cuore» (Luca 2: 19). Coloro che non si amano ancora l'un l'altro profondamente, hanno bisogno delle parole; coloro che si amano profondamente, costruiscono sui silenzi.


Tratto da “Tre per sposarsi” di Fulton Sheen, cap. III- Che cos’è l’amore.