venerdì 3 febbraio 2017

Edith Stein. Breve invito alla lettura di una filosofa da rivalutare

Il 27 Gennaio si celebra in tutto il Mondo La Giornata delle Memoria, dedicata alla Shoa ed a tutte le complesse vicende dei crimini operati dal nazionalsocialismo. La rubrica di filosofia Quid est Veritas? intende rendere omaggio a tutte le vittime di questa barbarie proponendo un invito alla lettura delle opere di antropologia e pedagogia di Santa Teresa Benedetta della Croce (al secolo Edith Stein) deportata e uccisa ad Auschwitz-Birkenau il 9 Agosto 1942.

La figura di Santa Teresa Benedetta della Croce (al secolo Edith Stein) non è conosciuta come meriterebbe sia in ambito cattolico che filosofico in generale. Poiché la sua poliedrica personalità non è facilmente etichettabile in categorie, si tende generalmente a dimenticarla, soprattutto in Italia, anche a livelli accademici e scolastici.
Come potremmo definire Edith Stein? Nata ebrea, divenne ben presto atea; si avvicinò alla filosofica di Husserl (facendo anche la crocerossina volontaria durante la I Guerra Mondiale) come anche al mondo femminista; anche grazie alla filosofia scoprì la fede cattolica, cui si convertì nel 1921 (venne battezzata il 1/01/1922); grazie alla fede cattolica rilesse tutta la sua vita e le sue esperienze accademiche e filosofiche avvicinandosi sempre più al pensiero di San Tommaso d’Aquino; continuò i suoi studi sulla donna ma da un punto di vista anche pedagogico e non solamente filosofico; decise di consacrarsi a Dio entrando nel 1938 nel Carmelo prendendo il nome di Teresa Benedetta della Croce; in convento scrisse opere di teologia mistica cercando tuttavia di continuare a proseguire i suoi studi filosofici; senza rinnegare o nascondere le sue radici ebraiche venne deportata insieme alla sorella Rosa nel campo di concentramento di Amersfort, poi in quello di Westerborck ed in fine in quello di Auschwitz-Birkenau, dove venne asfissiata e cremata il 9/08/1942; la Chiesa Cattolica ne ha riconosciuto la morte in odium fidei, e dunque il titolo di martire, beatificandola nel 1987 e canonizzandola l’11/10/1998; nel 1999 è stata dichiarata Compatrona d’Europa[1].
Chi è dunque Edith Stein? Una filosofa, una religiosa, una pedagogista, un’atea, una convertita, una femminista, una martire, un’ebrea, una perseguitata? Ed inoltre: è corretto chiamarla Edith Stein? Oppure dovremmo chiamarla con il nome che assunse da religiosa e che la Chiesa Cattolica le riconosce (cioè quello di Teresa Benedetta della Croce)? Ed il suo pensiero filosofico fu una mera riproposizione delle tesi di Husserl o di San Tommaso oppure ebbe delle intuizioni innovative, se non un vero e proprio pensiero autonomo?
Sono interrogativi non di poco conto in quanto noi siamo abituati, volenti o nolenti, a categorizzare tutto lo scibile umano, cercando di compiere sempre più una distinzione (se non una vera separazione) tra le varie materie e conoscenze: con Edith Stein tutto ciò cade dinanzi ai nostri occhi in quanto la sua personalità è talmente grande da non poter essere né severamente categorizzata né contenuta in una semplice etichetta. Con un sommo atto di umiltà dobbiamo semplicemente affermare che Edith Stein è stata ciò che è stata, nel senso che ogni affermazione di sopra, se contestualizzata nella sua precipua cornice storica e personale, risulta in ultima istanza vera: possiamo parlare di Edith Stein ma anche di Teresa Benedetta della Croce; abbiamo dinanzi un’ebrea convertita al cattolicesimo; venne deportata per motivazioni razziali ma anche per l’appartenenza alla Chiesa Cattolica olandese che aveva denunciato i crimini nazisti; e così per ogni domanda che ci siamo posti sopra.
Al riguardo sono molto belle e chiarificatrici le espressioni usate da Giovanni Paolo II «ci inchiniamo profondamente di fronte alla testimonianza della vita e della morte di Edith Stein, illustre figlia di Israele e allo stesso tempo figlia del Carmelo. Suor Teresa Benedetta della Croce, una personalità che porta nella sua intensa vita una sintesi drammatica del nostro secolo, una sintesi ricca di ferite profonde che ancora sanguinano; nello stesso tempo la sintesi di una verità piena al di sopra dell'uomo, in un cuore che rimase così a lungo inquieto e inappagato»[2]; «tutto in lei esprime il tormento della ricerca e la fatica del “pellegrinaggio” esistenziale. Anche dopo essere approdata alla verità nella pace della vita contemplativa, ella dovette vivere fino in fondo il mistero della Croce»[3].
Tutta la vita di Edith Stein, infatti, è stata una continua ricerca della verità, abbandonando di volta in volta ciò che non lo era ma portando con sé le intuizioni ed il bene di ogni esperienza. E’ altrettanto vero ed evidente, inoltre, che Edith Stein ha vissuto profondamente, coscienziosamente, ed anche liberamente, ogni fase della sua vita: dalla ricerca della verità nella fenomenologia fino all’accettazione di morire per mano dei nazisti del campo di Auschwitz per la salvezza del suo popolo[4]. La ricerca del senso profondo della vita, e dunque della verità[5], è infatti il fuso attorno al quale si dipana tutta la vita della filosofa tedesca e che è possibile rintracciare in tutte le sue opere, da quelle della gioventù fino alla Scientia Crucis[6] (considerato il suo capolavoro teologico).
Un altro valido motivo per cui Edith Stein non è conosciuta è la facilità di lettura delle sue opere: avete letto bene, non ho sbagliato a scrivere. Ritengo infatti che più un autore è di aiuto per i nostri giorni, e ancor di più se parla chiaramente, più è rifiutato dalla sedicente cultura contemporanea che, come è noto, non cerca il senso profondo delle cose, limitandosi invece alla mera descrizione dei fenomeni: volendo mettere sullo stesso piano tutto, fuorché una definizione precisa di Verità, alla fine non accetta nulla ed è costretta pertanto a rifiutare la stessa filosofia.
Si può cominciare a leggere Edith Stein pur non avendo grandi conoscenze filosofiche e conviene approfittare immediatamente delle sue conferenze o delle sue lezioni (tenute prevalentemente ad un pubblico giovanile e femminile) che ora sono raccolte nell’opera omnia in italiano sotto i titoli di La Donna. Questioni e riflessioni[7] e La struttura della persona umana. Corso di antropologia filosofica[8]. Altri testi più organici (cioè non derivanti da testi letti in lezioni, conferenze, etc) si collegano a questi due testi e sono altrettanto belli da leggere: dubito infatti che dopo aver letto qualche brano di Edith Stein non sorga il desiderio di leggerne altri passi. Potranno passare qualche settimana, anche dei mesi o degli anni, ma quel desiderio rimarrà sopito nel cuore del lettore, alla ricerca di un pensiero profondo ma altrettanto semplice e chiarificatore.
I due volumi che ho appena citato, e lo dico per esperienza diretta[9], sono probabilmente quelli che possono essere facilmente letti ed apprezzati da un pubblico giovanile e dagli studenti di storia della filosofia delle scuole; tutti i suoi testi sono molto belli (compreso l’epistolario) ma oggigiorno mi sembra di ritrovare le stesse motivazioni che spinsero Edith Stein ad occuparsi di pedagogia ed antropologia filosofica:  la negazione dell’uomo e la riduzione dell’educazione a mera istruzione. Leggere questi due testi sarà una boccata di aria fresca, leggera e salubre per i nostri poveri ragazzi costretti invece a studiare solamente la parte destruens e negativa della filosofia del novecento contro cui si scontrò la stessa Edith Stein (in particolare Heidegger): e diciamo questo a ragion veduta, in quanto il metodo fenomenologico[10] di Edith Stein (che ella prende da Husserl, sebbene con alcune specificazioni e differenze) è molto vicino alla filosofia realista propria del pensiero classico e cristiano.
Leggiamo dunque Edith Stein (lo dico prima di tutto a me stesso) e andiamo alla ricerca di persone positive del mondo della filosofia contemporanea, che sanno dialogare sia con il passato che con le sfide a noi contemporanee, abbeverandoci a quella fonte del sapere classico che come un fiume carsico giunge fino ai nostri giorni: scopriremo che questi scritti non hanno età ed un valore profondo per tutta l’umanità.

Francesco Del Giudice


[1] Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Spes Aedificandi del 1 Ottobre 1999. I Patroni d’Europa sono in tutto 6, 3 donne e 3 uomini. Santa Teresa Benedetta della Croce è stata associata nel suo patronato ad altri Santi e Sante che la Chiesa Cattolica considera come dei veri giganti della fede: Santa Caterina da Siena (Vergine e Dottore della Chiesa, mistica, consigliera di Papi e Sovrani); Santa Brigida di Svezia (che fu moglie, madre, religiosa e fondatrice, avendo anche visioni mistiche e rivelazioni personali); San Benedetto (padre del monachesimo d’Occidente); San Cirillo e San Metodio (apostoli degli Slavi, ideatori della scrittura cirillica con cui tradussero anche la Bibbia).
[2] Giovanni Paolo II, Beatificazione di Edith Stein – Teresa Benedetta della Croce, Colonia 1/05/1987.
[3] Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Spes Aedificandi del 1 Ottobre 1999, n. 8.
[4] All’epoca della sua deportazione, Suor Teresa Benedetta si trovava in Olanda, nel Carmelo di Echt, insieme a sua sorella Rosa (anch’ella convertita al cattolicesimo): era stata trasferita in Olanda dai suoi superiori nel 1938, a seguito dell’inasprimento delle persecuzioni naziste contro gli ebrei. Nel Luglio 1942 i Vescovi olandesi cattolici decisero di leggere pubblicamente nelle chiese una dura condanna contro i pogrom e le deportazioni degli ebrei ad opera dei nazisti: non solo aumentò la persecuzione, ma come rappresaglia vennero perseguitati e deportati anche gli ebrei convertiti, tra cui vi erano Edith e Rosa Stein. Il 2 Agosto la Gestapo andò a prelevarle nel Carmelo. Le ultime parole di Edith Stein sono rivolte a Rosa: «Vieni, andiamo [a morire] per il nostro popolo».
Il 4 Agosto 1939, Teresa Benedetta della Croce aveva fatto la sua personale offerta al Sacro Cuore di Gesù per tutti gli ebrei e per tutti gli oppressi.
[5] Ci si ricordi della definizione di filosofia data all’inizio di questa Rubrica, vale a dire la risposta alle domande profonde dell’uomo: chi sono?, come sono?, da dove vengo?, dove vado?, perchè sono?
[6] Edith Stein, Scientia Crucis, Edizioni OCD, Roma 2011, 448 pagine, ISBN: 9788872295304.
[7] La donna. Questioni e riflessioni, Città Nuova – Edizioni OCD, Opere complete di Edith Stein - Vol. 13, Roma 2010, 358 pagine, ISBN: 9788872294765.
[8] La struttura della persona umana. Corso di antropologia filosofica, Città Nuova – Edizioni OCD, Opere complete di Edith Stein - Vol. 14, Roma 2013, 245 pagine, ISBN: 9788872295670.
[9] Lo scorso anno ho tenuto una conferenza sui testi appena citati di Edith Stein per il Triennio di un Liceo Classico: anche gli alunni che non avevano studiato le filosofie del XX secolo erano profondamente interessati ed attenti sia al discorso generale che alle citazioni dirette della filosofa.
[10] «Il principio più elementare del metodo fenomenologico: considerare le cose stesse. Non andare a consultare le teorie sulle cose; escludere, ove è possibile, tutto ciò che si ascolta, si legge o che si è costruito da soli, avvicinarsi a esse con uno sguardo privo di pregiudizi e attingere all’intuizione immediata […] il secondo principio recita infatti: indirizzare lo sguardo all’essenziale»: La struttura della persona umana. Corso di antropologia filosofica, Città Nuova – Edizioni OCD, Opere complete di Edith Stein - Vol. 14, Roma 2013, p. 39

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