La società può determinare ciò che è giusto e sbagliato?
Recentemente, una persona con cui mi scrivo ha affermato che gli scettici sono liberi di sostenere che la morale oggettiva deriva dalla società in cui viviamo. Secondo questa visione, ha affermato, i principi morali esistono al di là dell’individuo e dunque sono oggettivi.
Questa
persona è in buona compagnia con Richard Dawkins. Alla domanda “come possiamo
decidere ciò che è giusto e sbagliato?” il professor Dawkins risponde che “c’è
un consenso riguardo ciò che di fatto consideriamo giusto e sbagliato: un consenso
che prevale in maniera sorprendentemente ampia” (L’illusione di Dio, 298).
Ma
una tale morale non è oggettiva nel
verso senso del termine, perché i principi morali sono relativi all’accettazione
culturale. Come dice il filosofo
americano Louis Poajman: “Non ci sono principi morali oggettivi, ma piuttosto tutti
i principi morali validi vengono giustificati in virtù della loro accettazione
culturale” (Ethics: Discovering Right and
Wrong, 23).
Francis
Beckwith e Gregory Koukl, nel loro libro Relativism:
Feet Firmly Planted in Mid-Air (Relativismo: piedi fermamente piantati a
mezz’aria), chiamano questa visione “Society Says Relativism” (il relativismo
di ciò che dice la società, relativismo
sociale).
Questo
metodo di determinazione della morale è ragionevole? Possiamo fondare la morale
su quello che la società dice? Beckwith e Koukl mostrano cinque ragioni per cui
la risposta a questa domanda è no.
1.
Impossibile criticare i
costumi di un’altra società
Se è
la società a determinare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, allora sarebbe
impossibile criticare le norme di un’altra società, per quanto possano essere
strane. Non potrebbe esserci nessuno standard morale, al di fuori delle leggi
della società, con cui confrontare i costumi di una società. Di conseguenza,
non sarebbe possibile fare alcun giudizio su quella società. Secondo questa
visione, non potremmo giudicare errati i comportamenti della Germania nazista.
Ma questo è assurdo. Dobbiamo essere in grado di giudicare alcuni comportamenti
sociali come sbagliati. Dunque, la società non può essere l’arbitro finale di
ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
2.
È impossibile avere una legge
morale
Se il
relativismo sociale fosse vero,
allora le discussioni su leggi immorali non avrebbero alcun senso. Sotto una
tale visione, la società è la misura della moralità, e dunque ogni legge è
morale semplicemente perché è legge. Dal momento che non c’è misura di moralità
al di fuori della società, non c’è alcun modo per giudicare le sue leggi come
morali o immorali. Ma sappiamo che le società hanno istituito leggi immorali. È
sufficiente ricordare le leggi di segregazione razziale degli Stati Uniti.
Dunque, dobbiamo concludere che esiste una norma al di fuori della società che
determina ciò che è giusto e sbagliato.
3.
I riformatori morali
sarebbero criminali
Se
fosse vero che la società è la misura della morale, allora chiunque provi a
modificare le leggi della società sarebbe ritenuto immorale. Come potrebbe un
riformatore sociale essere morale se lui o lei agisce contro la visione morale
della società? La riposta è che non può! Secondo questa visione, Martin Luther
King Jr. dovrebbe essere considerato un criminale, dal momento che ha
combattuto contro ciò che la società considerava norma morale. Ma nessuna
persona ragionevole giungerebbe a quella conclusione. Dunque, uno standard
morale al di fuori della società deve esistere.
4.
Il concetto di progresso
morale di una società è incoerente
Se
giusto e sbagliato sono determinati da ciò che dice la società, allora è
impossibile che la società progredisca nella sfera morale. Per ottenere un
progresso morale, una società deve prima aver sbagliato e poi cambiare in
meglio. Ma nel relativismo sociale, una società non può mai sbagliare, dal
momento che è essa stessa la misura della morale. Qualunque cosa dica, è morale. Dunque, il progresso morale sociale
è impossibile. Ma sappiamo che il progresso morale sociale è possibile. Tutti
comprendono che la nostra società ha ottenuto un progresso morale eliminando le
leggi di segregazione razziale. Dunque, deve esistere un qualche standard di
morale al di fuori della società.
5.
Riduce la morale alla legge
del più forte
Se
la morale è determinata dalla società, allora si riduce alla legge del più
forte. Considera il fatto che le leggi sono fatte da coloro che hanno più
potere – che sia il potere del governo o della maggioranza. Quindi, se il
relativismo sociale è vero, allora quelli col potere maggiore determineranno
sempre la moralità degli atti. Ma questa è la stessa mentalità delle forme
tiranniche di governo che ogni persona razionale rifiuta. Dunque, deve esistere
uno standard morale che esista al di fuori dei più potenti governi e società
umane.
Quindi,
su che fondare questo standard? Una opzione potrebbe essere sui giudizi dell’individuo;
ma questa ipotesi è soggetta a molte delle stesse critiche qui menzionate, più
diverse altre – critiche che saranno conservate per un’altra discussione. Senza
entrare troppo nel dettaglio, la norma morale deve fondarsi in ciò che è comune
ad ogni essere umano: ovvero, la natura umana.
Quando
ragioniamo su quale sia il comportamento umano appropriato, dobbiamo chiederci “cos’è
bene per l’uomo?”. La risposta a quella domanda si trova nella natura umana. La
natura umana è intrinsecamente diretta verso certi fini o obiettivi e il
raggiungimento di quegli obiettivi è ciò che costituisce la felicità dell’uomo
(tali fini sono, ad esempio, l’autoconservazione, la conoscenza della verità, la
propagazione ed educazione della specie, l’esistenza sociale…). Dunque, un
comportamento umano corretto – che è buono per l’uomo in quanto tale – è un
comportamento che aiuta la natura umana a raggiungere quei fini.
È questo
lo standard della natura umana dalla quale bisogna derivare la morale, affinché
sia razionale e veramente oggettiva.
Certamente,
affinché una legge di questo tipo sia obbligatoria,
deve esistere un essere trascendente da cui la natura umana derivi la sua dignità,
cioè Dio. Ma questa è un’altra storia!
di Karlo Broussard
da www.catholic.com
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